Coronavirus

La quinta ondata

Casi più che raddoppiati, picco atteso a metà luglio. Ma è fuori luogo parlare di allarme. Ecco cosa dobbiamo aspettarci dal virus. I medici divisi su mascherine e isolamento

La quinta ondata

In una settimana il numero dei casi di Covid è aumentato del 60%, l'indice Rt è tornato sopra la soglia 1 e i pazienti che chiamano il medico di famiglia per i sintomi sono tre volte tanto rispetto alla metà di giugno.

Cosa sta succedendo? Anche se c'è una certa riluttanza ad ammetterlo, il Covid sta rialzando la testa per effetto della sua variante più contagiosa, Omicron 5. Secondo l'ultimo report dell'Istituto Superiore di Sanità, nella settimana 9-15 giugno sono aumentate anche le reinfezioni (7,4% contro il 6,3% della settimana precedente).

Ma piano, non è il caso di parlare di allarme. Non ancora. C'è da augurarsi che sia un'impennata acuta (che toccherà il suo apice a metà luglio) ma transitoria, come accaduto in Portogallo dove, nell'arco di tre settimane, il boom di contagi si è sgonfiato senza arrivare al punto di intasare le corsie. Siamo lontani da questo pericolo anche in Italia, anche se gli indicatori ospedalieri sono saliti con un aumento del 14,4% dei ricoveri ordinari e del 12,6% di quelli in terapia intensiva, dove vengono intubate o persone molto anziane con più patologie e (pochi) non vaccinati. E poi va ribadito che i ricoveri sono «con Covid» e non «per Covid», cioè si tratta di pazienti arrivati in ospedali per altre patologie e incidentalmente trovati positivi al tampone di ingresso. Ovviamente siamo lontani dagli allarmi sui posti letto che scarseggiano ma un po' di preoccupazione c'è perchè nelle corsie manca personale e ogni carico di lavoro extra è una complicazione. Quindi basta qualche caso in più in pronto soccorso per mandare in tilt un sistema già fortemente provato senza Covid. «Il personale sanitario è stremato e insufficiente- denuncia Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) - ulteriormente ridotto dalle più che meritate ferie e dai contagi che tra gli operatori sanitari galoppano». Che via sta imboccando il virus? «È diventato un virus più opportunistico rispetto a prima - spiega Massimo Puoti, direttore di Malattie infettive al Niguarda di Milano - cioè dà problemi solo nei fragili, per il resto la sua incidenza non è rilevante. Alcuni virologi sostengono che il virus diventerà un raffreddore, altri che potrebbe anche diventare più contagioso e grave. È bene stare sempre sul chi va là ma al momento consiglierei la mascherina solo a chi ha patologie e fragilità». L'immunologo Mauro Minelli di contro sostiene che sia presto per dimenticare la mascherina. La stessa virologa Ilaria Capua, direttrice dell'One Health Center of Excellence dell'Università della Florida, sostiene che «dopo oltre 50 specie animali infettate, in futuro sono possibili ceppi arlecchino con proprietà sconosciute». In ogni caso le armi per difenderci ci sono: la quarta dose (che per ora è stata fatta solo dal 18% degli over 80. E il sesto vaccino autorizzato dall'Agenzia europea dei medicinali (Ema): è quello di Valneva per l'uso nella vaccinazione primaria di persone dai 18 ai 50 anni.

Con 55.829 nuovi casi (contro i 35.427 di una settimana fa), la Federazione Cimo-Fesmed invoca «il ritorno delle mascherine al chiuso e il rispetto dell'isolamento». I medici sono in allerta e soprattutto non si sentono di appoggiare la proposta del sottosegretario alla Salute Andrea Costa che, su modello dalle Gran Bretagna, vorrebbe rendere l'isolamento dei positivi solo «raccomandato» ma non più obbligatorio.

Lo stesso collega Pierpaolo Sileri tentenna di fronte a una proposta che reputa «prematura».

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