Chiamarla apertura, insomma, proprio non si può, sembra davvero troppo persino ai più ottimisti tra i consiglieri di Sergio Mattarella. Piuttosto, si può parlare di una «non chiusura», di una vaga promessa «ad approfondire il nuovo scenario» se «ci saranno le condizioni», se il dialogo partirà e se i Cinque stelle accetteranno di partire dai programmi del Pd. A un primo bilancio, dall'incontro tra Roberto Fico e la delegazione del Nazareno esce poco o niente, però forse è abbastanza perché domani il presidente della Camera si ripresenti sul Colle sostenendo che no, attenzione, c'è qualche speranza di intesa, ci si può lavorare sopra ma serve qualche altro giorno. Che farà il capo dello Stato? Semplice: se anche lui avrà la stessa sensazione, se l'esploratore porterà in dote almeno «un concreto innesco di trattativa», allora concederà a Fico i tempi supplementari.
Mattarella aspetterà dunque il travaglio del Pd, che lui stesso ha provocato. Al momento però, secondo il Quirinale, la situazione è troppo confusa per prevedere come possa andare a finire. Le due parti in causa si sono date appuntamento per la settimana prossima per un possibile approfondimento, sempre che i Cinque stelle confermino di aver chiuso il forno leghista e sempre che Renzi non stronchi tutto sul nascere, lunedì in direzione. L'esplorazione di Fico quindi, se non è ancora naufragata, per il Colle resta a fortissimo rischio. Tanto più che Luigi Di Maio, uscendo dalle consultazioni, dice che M5s «non rinuncerà ai propri valori» e che l'eventuale contratto con il Pd dovrà essere sottoposto al voto telematico della piattaforma Rousseau.
Comunque vada, giovedì ci si aspetta un'altra mossa del capo dello Stato. La prassi costituzionale prevede che i mandati esplorativi per risolvere le crisi si concludano o con un fallimento, ed è stato il caso del presidente del Senato, o con un successo, che poi in genere porta al conferimento ad un incarico politico giudicato capace di trovare una maggioranza parlamentare. Per cercare di uscire dallo stallo, Mattarella ha usato questo strumento in negativo, per eliminazione. La Casellati ha verificato l'«impraticabilità» di un accordo tra centrodestra e grillini. Ora Fico è stato mandato in campo con lo stesso criterio: magari non si arrenderà subito, forse la trattativa reggerà fino a lunedì. Chissà.
Però sul Colle non si fanno troppe illusioni e si preparano al piano B. Se e quando il presidente della Camera uscirà di scena, il capo dello Stato probabilmente organizzerà un terzo, estremo giro di consultazioni, fallito il quale non avrebbe molte alternative. Potrebbe lanciare un appello pubblico di responsabilità ai partiti perché si rendano conto che senza un'intesa non è possibile la nascita di nessun governo. Oppure potrebbe giocare l'ultima carta, un esecutivo di emergenza: a due mesi dal voto del 4 marzo e in vista del vertice europeo di fine giugno, l'Italia non può ancora rimanere a mezz'acqua, senza che a Palazzo Chigi ci sia un premier nella pienezza delle sue funzioni.
L'idea è quella di un gabinetto di garanzia, o di transizione spedito alla Camere per cercare la fiducia e evitare le elezioni anticipate che non risolverebbero i problemi. Non sarà comunque un'operazione facile. Mattarella punterà sulla sconfitta conclamata dei partiti, incapaci di formare una maggioranza, però incontrerà parecchie resistenze.
Di Maio ha già detto di no: «Siamo contrari a un governo del presidente, se fallisce con il Pd si torni al voto». Ma la finestra elettorale estiva si è chiusa. Quanto all'autunno, il Colle è contrario: c'è la Finanziaria, non si può mica rischiare di mandare il Paese all'esercizio provvisorio di bilancio.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.