Davide e Maria sono stesi a pochi metri l'uno dall'altra, tutti e due bianchi come cenci, lui nella bara di legno chiaro che ancora spunta dal retro del carro funebre, lei sull'asfalto del piazzale davanti alla chiesa, un giubbotto di pelle nera come cuscino, i parenti che le stanno intorno. Pochi minuti prima di sentirsi male lei, uscendo dal funerale del marito ucciso una settimana fa in un bar di Riccardina, frazione di Budrio, aveva urlato abbracciando un amico: «Hanno ammazzato anche me, hanno ammazzato anche me» e il silenzio era sceso nel piazzale.
Poco lontano Franco, il papà della vittima, barcolla ma non molla, resta come un ulivo piegato ma in piedi. Lui, che pare vecchio come il mondo, vorrebbe pure riaprire il bar Gallo, mentre lei, giovane, vuole mollare tutto.
Dire che è il giorno delle lacrime a Budrio non è esatto, anche se di fazzoletti bagnati ce ne sono molti sotto il sole del primo pomeriggio, che sembra giugno ed è solo aprile, il più crudele dei mesi come scriveva T. S. Eliot. Ma in questo paese chissà se qualcuno ha mail letto Iot e comunque da sabato sera non si è mai smesso di piangere.
È la settimana delle lacrime, il mese delle lacrime, fate voi. Sabato sera una bestia travestita da uomo, forse l'ex militare russo Ivan Vaclavic, probabilmente lui, quasi sicuramente lui, ha ucciso come uno scarafaggio nel suo bar Davide Fabbri, nato il 4.6.1965 e morto l'1.4.2017 come scritto nel «santino» plastificato distribuito fuori dalla chiesa della Pieve. Chiesa troppo piccola per contenere tutti, e allora si resta fuori, ad ascoltare la messa celebrata da don Carlo Baruffi grazie agli altoparlanti, a commentare in piccoli gruppi, e «che brutta storia» e «dove andremo a finire» e «io vivo barricata, orma».
Il prete potrebbe lanciare invettive dal pulpito e invece è asciutto e dolente: «Quella di Davide è una vita spezzata dall'odio, ma all'odio non si risponde con l'odio». La fa facile, C'è anche il sindaco Giulio Pierini, che spiega e ripiega la fascia tricolore. È del Pd, corre per la riconferma, le elezioni ci saranno il prossimo 11 giugno, qualche giorno prima del delitto aveva incautamente riempito la città di manifesti elettorali in cui vantava un calo dei delitti, «certo ora non li rimetterei, ma comunque non li ho tolti, perché avrei dovuto, quelli sono dati inoppugnabili e il delitto di Riccardina è un orrore fuori da ogni statistica». Attorniato dai giornalisti Pierini rimette la fascia, toglie gli occhiali da sole e sussurra: «Un po' di preoccupazione c'è e ci mancherebbe, ma questa è l'ora di essere comunità, di starci vicini».
La gente ha paura. Il quotidiano locale parla di psicosi, magari esagera, ma nemmeno di tanto. Uscire la sera non si usciva nemmeno prima, ma i budriesi vogliono restare a casa per scelta e non per obbligo.
«Dobbiamo finire per armarci tutti?», dice un vecchio con un pile grigio in favore di telecamera. Un barista del centro, un collega della vittima, poche ore prima delle esequie nel suo locale salutava ogni cliente che entrava con un: «Tu vai?», sentendosi rispondere immancabilmente: «Certo che vado». E a noi confessava: «Nella vita abbiamo il diritto di non dovere scegliere se essere degli eroi. E poi chi muore ammazzato come Davide non è un eroe, è solo una vittima».
Budrio non ha pace, malgrado durante la messa ci si dà la mano augurandosela a vicenda. Forse ne ritroverebbe un po' se venisse catturato Ivan il terribile o chi per lui. Le ricerche continuano, I dodici Carabinieri dello squadrone eliportato Cacciatori di Calabria, giunti da Vibo Valentia, continuano a perlustrare la campagna, ogni tanto individuano un casolare abbandonato e fanno irruzione.
Le ricerche si svolgono anche nel
Ferrarese e nel Polesine, a Bologna c'è un dna trovato sul luogo del delitto che aspetta di essere confrontato con quello di un sospetto, l'impressione è che per la bestia di Budrio i giorni, forse le ore, siano contati.
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