Politica

Rabbia per la vittima del pirata «Adesso basta con questi rom»

L'esasperazione degli abitanti della borgata Boccea «Sono piombati su quei poveretti, sembrava un film» L'investitore è latitante, la polizia teme rappresaglie

«Investiamo gli zingari per strada». Sul muretto della metro Battistini, a Roma, all'alba sono comparsi i primi adesivi a testimoniare la rabbia di un quartiere che ancora non si è ripreso dalla notizia della Lancia Lybra che mercoledì sera ha falciato la gente in attesa alla fermata dell'autobus, uccidendo una filippina di 44 anni e ferendo otto persone. Per le strade di Boccea, dove da sempre le famiglie romane convivono serenamente con quelle extracomunitarie, non si parla d'altro che del comune nemico: i rom. Quelli che proprio dall'accampamento di via della Monachina si spingono giornalmente sull'Aurelia, a Boccea, Casalotti e Primavalle per compiere furti, borseggi e rapine. Due giorni fa, però, sono andati oltre per sfuggire alla polizia. «Sono piombati su quei poveretti - racconta Mario, carrozziere - ero uscito dalla metro e ho visto tanto sangue. Bruciamo quel maledetto accampamento».

«Noi siamo qui da sempre, paghiamo le tasse - dice Hassan Hazin - mercoledì avevo salutato i miei figli per andare nel minimarket dove lavoro di notte. Uno di loro fa le scuole serali e non era rientrato, ho avuto paura. I rom non si integrano devono lasciare l'Italia». Molti residenti hanno partecipato al presidio ieri pomeriggio a Battistini e diversi cori si sono alzati al grido «Zingaro ladro assassino». «Ho cercato di aiutare i feriti - dice Martina - ma per la signora filippina non c'era niente da fare. Ai rom non faranno niente, fosse stato un italiano sarebbe già in galera». Nel palo del semaforo poco distante dalla fermata, tanti mazzi di fiori. Su alcuni si legge «giustizia» su altri insulti per il sindaco Marino e uno su tutti recita: «E adesso ditelo alle famiglie che state lavorando per l'integrazione».

«Sembrava una scena di un film - racconta il barista di via Battistini -. Ho visto una persona investita sbalzare sul cofano dell'auto e cadere più avanti». La polizia continua senza sosta la caccia nella speranza di fermare gli altri due che erano sulla Lancia con la diciassettenne, arrestata subito dopo l'impatto mortale per concorso in omicidio volontario. Uno dei due sarebbe già stato identificato e si tratterebbe del marito della ragazza, sedici anni appena. Ma i parenti fanno muro. Il padre del ragazzo che sarebbe stato alla guida, Bahto Halilovic, ha raccontato che era lui alla guida: «Ero ubriaco, ho sentito la sirena che mi stava dietro, andavo come un pazzo e ho fatto un incidente, sul marciapiede. Se vengono i giudici dico la verità». Ma la polizia non gli crede, pensa a un tentativo di proteggere il figlio. «Stiamo provando a chiamarlo al telefono ma non risponde, non sappiamo dove è - dice Claudia, la sorella del ragazzo , che abita in una baracca nell'insediamento della Monchina -. Forse ha paura della polizia, Se torna lo porteremo dal magistrato». La coppia ha un figlio di 10 mesi e la casa dei loro familiari è una delle poche in cemento. Ora è vuota e sul divano solo un Winnie Pooh di pelouche. «Vogliamo chiedere scusa alla famiglia della vittima e ai feriti», dicono i parenti. Ma il clima nella baraccopoli è di angoscia e la polizia ha rafforzato la sorveglianza temendo rappresaglie. «Abbiamo paura, soprattutto di notte - dicono i rom -. Chi ha sbagliato paghi. Ma non si possono colpire tutti per gli errori di alcuni». Gli otto feriti sono tutti fuori pericolo, anche la più grave, la filippina trasportata in codice rosso al San Camillo e ora trasferita in ortopedia per un intervento all'omero.

L'altra filippina, Perez Corazon Abordo, unica vittima di tanta follia, che avrebbe festeggiato i 45 anni tra pochi giorni, lascerà l'Italia in una bara, dopo i funerali pagati dal Comune.

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