La Raggi anti immigrati ieri li chiamava "fratelli"

Smascherata la giravolta della sindaca. Quante retromarce grilline tra Ue, euro e garantismo

La Raggi anti immigrati ieri li chiamava "fratelli"

Giravolte e retromarce. Un passo avanti, uno indietro e uno di lato. Tutto e tutto il contrario. Proclami e scomuniche. Sulla giostra dei Cinque stelle c'è posto per tutte le posizioni e, soprattutto, per sconfessare il giorno dopo quello che si era gridato il giorno prima. Da morte all'euro a viva l'euro, Europa no anzi sì, le capriole sono la specialità olimpica dei grillini. Cosi sul tema scivolosissimo dell'immigrazione su cui, secondo molti osservatori, si stanno facendo prove di Realpolitik e di larghe intese con il Carroccio.

Nel 2013 i senatori pentastellati presentano un emendamento per abolire il reato di immigrazione clandestina. È un segnale politico fortissimo, ma Grillo e Casaleggio vogliono recuperare voti anche dall'altro versante e buttano nel cestino quel documento. Il trasversalismo viene prima di tutto, Grillo chiude agli arrivi indiscriminati e si sposta a destra.

Come Virginia Raggi, regina del pendolarismo più sfrenato e sfacciato. I suoi tweet fanno a pugni, anzi sembrano scritti da due persone diverse e invece portano sempre la firma del sindaco di Roma. Il primo, del dicembre scorso, è tutto infiorettato di buonismo: «I rifugiati sono nostri fratelli e sorelle. Roma città accogliente farà la sua parte». Sei mesi dopo, e soprattutto dopo la batosta delle amministrative, il primo cittadino cambia registro, si fa ruvido e lancia al prefetto una sorta di ultimatum simil leghista: «Roma è sottoposta ad una forte pressione migratoria. Cosi non si può andare avanti». È questo il nuovo mantra.

Qualche volta, però, i cambiamenti sono cosi plateali da lasciare interdetti.

Il fondatore del Movimento è categorico sull'euro: «Il problema - afferma il 18 dicembre 2014 - non è uscire dall'euro, è uscire il prima possibile». Ma già a luglio dell'anno dopo, ecco la piroetta che annulla la precedente sparata: «Io non ho mai detto fuori dall'euro, io non voglio uscire dall'euro».

Sempre nel 2014 Luigi Di Maio, oggi quotato come aspirante premier, lancia la raccolta delle firme per indire un referendum sul tema. Non è, non dovrebbe essere, una posizione neutrale. Di Maio mettendo l'accento sul no con paroloni definitivi: «Uscire significa più investimenti, meno troika, meno tasse». Ma Luigi Di Battista, altro pezzo da novanta dell'album grillino, torna a fare l'acrobata, sposando la linea dell'ambiguità: «Noi vogliamo che a decidere sia il popolo». Meglio di un'anguilla.

Contro l'euro, ma anche no. La stesso comportamento ondivago e ipocrita, buono per tutte le stagioni, ritorna sull'Europa. Il fondatore tuona peggio di Savonarola: «L'Europa è un Club Med per trombati». Scandalo e indignazione nei Sacri Palazzi di Bruxelles. Ma con Grillo mai dire mai. La coerenza non è un virtù, semmai un incidente di percorso. Eccolo il profeta che si corregge: «L'Europa va cambiata da dentro, noi vogliamo rimanere nella Ue».

Un giudizio sorprendente, pronunciato non in un giorno qualunque, ma in piena bagarre Brexit e scagliato in faccia al vecchio compagno di tante battaglie euroscettiche Nigel Farage, scaricato, anzi tradito sul più bello. Con un goffo e penoso tentativo di accreditare gli europarlamentari a Cinque stelle presso il gruppo dei liberali dell'Alde che però respingono in tempo reale gli intrusi.

Mezzucci e manovre per uscire dai pasticci, provocando ulteriori gaffe, e tentativi disperati per trovare la quadratura.

Come capita sul fronte bollente degli avvisi di garanzia. Il primo Di Maio sembra il figlio di Robespierre: «È facendo i garantisti con i politici che abbiamo rovinato l'Italia. Altro che presunzione di innocenza, io vedo solo presunzione di indecenza». Basta uno spillo fuori posto e il malcapitato amministratore viene buttato fuori a calci. Ma poi il rigore si attenua. Solo per qualcuno, perché gli altri vengono sempre bastonati.

Al sindaco di Livorno Filippo Nogarin si perdona tutto, al suo collega di Parma Federico Pizzarotti, ex grillino, nulla. Due pesi e due misure. Teorizzati col nuovo codice etico: quello basato sulla discrezionalità. Decidono i capi e i capi hanno sempre ragione.

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