Carina, educata, e con i segni visibili di una fragilità emotiva che non ci si aspetterebbe nel sindaco di una Capitale. Virginia Raggi ieri per la prima volta viene interrogata in un pubblico processo, sotto giuramento. E fatica a nascondere la tensione. Il tema non aiuta: è in aula a Milano come vittima di una presunta diffamazione ai suoi danni perpetrata da Chi, la rivista di Alfonso Signorini. Oggetto dell'articolo e quindi del processo: le sue vicissitudini coniugali. Agli avvocati e al giudice tocca scavare, impietosi. Così in aula va in scena una sorta di psicanalisi di coppia, perché dopo il sindaco tocca a suo marito. Risultato: i coniugi Raggi si contraddicono platealmente, una dice una cosa e il secondo l'opposto, poi ci ripensa e torna sui suoi passi. E come se non bastasse dopo di loro tocca all'ex vicesindaco di Roma Daniele Frongia, additato da Chi come terzo vertice del triangolo. Anche lui entra in rotta di collisione con la Raggi su un dettaglio non da poco: sapeva o non sapeva, dei guai di cuore del futuro sindaco?
Tutto risale al maggio 2016, quando il settimanale se ne esce con una rivelazione: la Raggi, candidata sindaco del Movimento 5 Stelle, si è lasciata col marito e frequenta Daniele Frongia, anche lui attivista grillino. «Nulla di strano se non fosse che Frongia vuole fare il vicesindaco in caso di vittoria della fidanzata», aggiunge l'articolo firmato da Giulia Cerasoli. Apriti cielo. Su Signorini e sull'autrice piomba una querela a quattro mani, firmata da entrambe le coppie tirate in ballo: la Raggi e suo marito Andrea Severini, Frongia e la sua compagna (ora ex) Raffaela Tommasi. Inventando la notizia della liaison, Chi avrebbe turbato la serenità di due famiglie felici.
Nella querela, però, viene omesso un particolare importante: ovvero che la coppia Raggi-Severini era in quei giorni effettivamente scoppiata, tanto che la candidata sindaca se n'era andata a vivere altrove. Eppure Severini chiede anche lui i danni (cinquantamila euro, come le altre presunte vittime) come se fosse ancora nel pieno possesso del suo ruolo di marito. Per questo ieri in aula tocca andare a scavare nell'intimità della coppia nel 2016. Comincia la Raggi, parla di un «momento duro», di una «situazione liquida», ma alla fine ammette: quando uscì l'articolo effettivamente dormivo in un appartamento già usato come sede del Movimento. «Però cenavamo insieme e facevamo colazione insieme». Alle domande del giudice e di Gian Piero Biancolella, difensore di Chi, a volte il sindaco risponde con foga, a volte si interrompe, sembra sull'orlo delle lacrime. Aveva una relazione con Frongia? «No». Perché nella querela non avete scritto che vivevate separati? «Non ricordo». Chi sapeva dei vostri dissapori? «I nostri genitori, gli amici, qualche attivista del Movimento». Anche Frongia? «Sì». E adesso come va? «Dall'autunno del 2016 siamo tornati a vivere insieme».
Dopo di lei, tocca al marito: che per legge non ha potuto ascoltare l'interrogatorio della Raggi, ed evidentemente non ha concordato con lei le risposte. Quando è uscito l'articolo, a maggio del 2016, coabitavate? «Sì». È il contrario di quello che il sindaco ha appena detto. E quando sua moglie è andata a vivere fuori? «Nell'autunno 2016»: cioè esattamente quando la Raggi dice invece di essere tornata a casa.
Il giudice spalanca gli occhi, l'avvocato della Raggi fulmina Severini con lo sguardo, alla fine quello capisce di avere fatto un disastro e cerca di tornare indietro, «mi sono sbagliato, sono emozionato». Ma ormai il danno è fatto. (E comunque poi Frongia è diventato vicesindaco davvero).
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