Rai, fine del braccio di ferro: c'è la quadra su Salini e Foa

L'ex direttore di La7 sarà ad e l'ex firma del «Giornale» presidente. Ma per la sua elezione i numeri traballano

«Oggi diamo il via alla rivoluzione culturale in Rai», annuncia il neo-maoista (inconsapevole) Luigi Di Maio. Mettendo il proprio cappelluccio sulla formula che ieri mattina, nell'ennesimo summit per definire la Grande Spartizione della tv pubblica, Matteo Salvini ha tirato fuori dal cappello e calato sul tavolo del docile premier Giuseppe Conte. Che al termine del Consiglio dei ministri, ieri, ha annunciato la decisione ufficiale: «Per la Rai abbiamo fatto le nostre scelte. Con Fabrizio Salini e Marcello Foa garantiamo il rilancio della principale industria culturale del paese». Il primo sarà amministratore delegato, il secondo presidente.

Nessuno, neppure dalle opposizioni, obietta sulla scelta di Salini: un tecnico di riconosciuta competenza, uomo di televisione dalla lunga esperienza: 51enne, romano, è stato ai vertici di Fox International Channels Italy, poi di Sky Italy, Discovery, infine nel 2015 viene nominato direttore di La7. Dal gennaio scorso è direttore generale di Stand By Me, la società di produzione fondata da Simona Ercolani. Su Foa, scelto per un ruolo che dovrebbe essere «di garanzia», si scatena invece la polemica. E intanto è pronta la lista di tutti i direttori di reti e testate, concordata da Salvini e Di Maio: trapelano i nomi di Marcello Ciannamea (mancato dg) a Rai1, Mariapia Ammirati (sponsorizzata dal grillino Spadafora) a Rai3. Al Tg3 dovrebbe restare direttore Luca Mazzà, un tempo renziano ora arruolatosi con Salvini. Il Tg1 dovrebbe andare a Gennaro Sangiuliano.

Il puzzle delle poltrone è andato finalmente a posto ieri, dopo settimane di defatiganti trattative. Salvini ha abbandonato al suo destino la sua candidata presidente Giovanna Bianchi Clerici, che rischiava di avere i voti dell'opposizione ma di mandare in tilt i grillini, con il presidente della Camera Roberto Fico già pronto a denunciare il ritorno della «vecchia politica» nel CdA. E ha tirato fuori la carta a sorpresa Foa, sufficientemente poco noto da poter sembrare una novità e sufficientemente «sovranista» da entusiasmare personaggi del calibro di Alessandro Di Battista, che si commuove: «Mi sembra un sogno: Foa presidente della Rai. Un uomo con la schiena dritta».

Ora resta da capire chi lo voterà, perché per eleggere il presidente occorre il sì dei due terzi della Commissione di Vigilanza sulla Rai, quindi servono i voti di almeno parte dell'opposizione. Il Pd è sulle barricate e annuncia «opposizione durissima» alla nomina, resta da vedere che farà Forza Italia. «Aspetterei a dare per scontato che Foa sarà presidente Rai - dice Antonello Giacomelli, Pd ed ex titolare della delega alle Comunicazioni - se esiste ancora una opposizione liberal-democratica in Forza Italia non credo che potrà ottenere il voto dei due terzi della commissione. Se invece ormai Salvini si è impadronito dell'intero centrodestra, ne prenderemo atto».

Da Forza Italia, il capogruppo in Vigilanza Giorgio Mulè non scioglie la riserva: «Finita la stucchevole e noiosa telenovela sull'indicazione degli ultimi due componenti del cda Rai, adesso finalmente si può guardare avanti. Giudicheremo dai fatti, come siamo abituati, senza pregiudizi». Nel partito di Berlusconi ci sono perplessità diffuse sul nome e, soprattutto, sul metodo: Salvini ha fatto tutto di testa sua, non ha consultato nessuno, non ha informato le opposizioni e ora si aspetta i nostri voti?, è il ragionamento più diffuso.

«Noi, quando eravamo in maggioranza, nominammo alla presidenza Rai Claudio Petruccioli: un uomo della parte avversa, ma esperto ed equilibrato. Come deve essere per una figura di garanzia. Qui invece il metodo è totalmente diverso», sottolinea Maurizio Gasparri.

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