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"Una Rai libera dai partiti": la promessa mancata di Renzi

I membri “ribelli” del Cda convocati in Commissione di Vigilanza. E puntuale è arrivata la dura reazione del Pd. Così Renzi vuol controllare la Rai

"Una Rai libera dai partiti": la promessa mancata di Renzi

“Fuori i partiti dalla Rai”, parola di Matteo Renzi. Eppure, la "liberazione" di viale Mazzini dalle catene del potere politico, issata come una bandiera dall’intero Partito Democratico, rimane una promessa. Non mantenuta e sconfessata dai fatti. Ieri, il Consiglio d’amministrazione della Rai si è pronunciato a favore del ricorso contro il taglio di 150 milioni previsto dal governo. La “questione Rai” è ormai aperta. Nel giorno del debutto (col botto) in Borsa di Rai Way, la società che ha in pancia le torri e i tralicci della tv pubblica, il Cda di viale Mazzini si spacca: sei membri votano a favore del ricorso contro il prelievo forzoso imposto dal governo; contrari, invece, Luisa Todini, eletta nel 2012 in quota Pdl-Lega Nord, che polemicamente si dimette (ad attenderla c’è la poltrona della presidenza di Poste Italiane) e Antonio Pilati che, pur essendo stato anche lui eletto in quota centrodestra, da tempo cerca di accreditarsi tra le file dei renziani.

Ma c’è anche un’illustre astenuta: la presidente Anna Maria Tarantola (in quota ministero del Tesoro), ex vice Direttore Generale della Banca d’Italia, nominata dall’ex premier Mario Monti “per dare sicurezza e orientamento alla vita dell’Azienda Rai”. Sarà. Ormai è chiaro, la guerra intestina che si combatte in viale Mazzini è tra renziani e non renziani. Ma è altrettanto lampante che la votazione di ieri del Cda sia stata una scelta indipendente. Un’opposizione, a tratti rivoluzionaria, al diktat del governo.

Finalmente si delinea l’immagine di una Rai libera dai partiti, una Rai in cui anche i consiglieri d’amministrazione in quota Pd possono decidere di votare contro i tagli imposti da Renzi. Missione compiuta, quindi? Purtroppo no. I membri “ribelli” del Cda sono stati convocati in Commissione di Vigilanza per discutere di questo “atto inopportuno”, come lo ha definito il direttore generale di viale Mazzini, Luigi Gubitosi. Infatti, puntuale, è arrivata la dura reazione del Partito Democratico. Il sì del Cda Rai al ricorso è “un voto determinato solo da logiche politiche e personali, all’insegna del tanto peggio tanto meglio. Sia ben chiaro, comunque, che tutto questo non indebolisce affatto, semmai rafforza, la volontà del governo di liberare la Rai e il servizio pubblico dalle vecchie logiche”. Così il sottosegretario di Stato al ministero dello Sviluppo Economico, Antonello Giacomelli. “La decisione dei consiglieri Rai di votare per un ricorso contro il governo, azionista di maggioranza Rai, è veramente sorprendente. A questo punto, visto il suo comportamento lineare, verrebbe da chiedere alla consigliera Luisa Todini di ripensarci e ritirare le dimissioni”, ha commentato il segretario della Commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi. E anche Matteo Orfini, segretario del PD, ha scritto su Twitter: “Un’azienda come la Rai non può più funzionare così. Cambiamo la governance subito. Per salvarla e rilanciarla”. Dichiarazioni che sembrano sconfessare definitivamente le promesse del Pd di una Rai libera dai partiti. E che dimostrano, come se non fosse abbastanza chiaro, la volontà del premier Renzi di controllare e gestire (a distanza) la televisione pubblica. Con le giuste premesse.

A tempo debito.

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