Raid aereo degli iracheni: il Califfo scampa alla morte

Colpito un convoglio Isis, diversi capi uccisi ma non al-Baghdadi. Renzi: potremmo bombardare, ma per ora non è all'ordine del giorno. Liberato in Siria padre Murad

Padre Jacques Murad, braccio destro del gesuita romano Paolo Dall'Oglio sparito in Siria nel 2013, è libero dopo cinque mesi in ostaggio delle bandiere nere, anche se potrebbe essere ancora sotto minaccia jihadista. Sul versante iracheno della guerra allo Stato islamico è stato lanciato un bombardamento mirato per eliminare il Califfo, Abu Bakr al Baghdadi. Prima l'hanno dato per morto, come altre volte in passato, ma in realtà il capo dello Stato islamico sarebbe scampato all'ennesimo raid.

Il 3 settembre erano trapelate le prime voci sul possibile rilascio di padre Murad, catturato assieme a 270 cristiani il 21 maggio nel monastero di Sant'Elia, poi distrutto dalle bandiere nere. Una tv cristiana libanese aveva mostrato un video del sacerdote, che è molto vicino a padre Dell'Oglio in ostaggio o ucciso dallo Stato islamico. Da ieri Murad sarebbe libero a Zaydal, una località a sud est di Homs, in un'area molto vicina alla zona controllata dal Califfato. Il prete «sta bene» e «ha celebrato messa» secondo alcune fonti rimaste anonime. Sembra che in cambio della libertà Murad e i cristiani catturati siano stati costretti a stipulare un «contratto» per rispettare 11 «comandamenti» dello Stato islamico. I fedeli non musulmani oltre a pagare l'odiosa tassa di «protezione» non devono pregare facendosi sentire dagli islamici. Proibito vendere carne di maiale o vino ed obbligatorio vestirsi in maniera modesta. I cristiani non possono portare armi e offendere i valori spirituali dei musulmani. Se il «contratto» non verrà rispettato, la bandiere nere puniranno gli «ex» ostaggi. In pratica padre Murad e i suoi confratelli sarebbero sempre sotto minaccia jihadista.

Ieri sera il premier Matteo Renzi ha detto che il tema dei bombardamenti contro Isis «non è all'ordine del giorno, anche se non lo escludo. Che in linea di principio si debba intervenire con le armi in alcune situazioni - ha aggiunto - purtroppo è un dato di fatto, ma dentro un quadro» che prevede «l'approvazione del Parlamento e in uno scenario condiviso con gli alleati. Oggi la situazione irachena non ha queste caratteristiche».

Sempre ieri il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito che un intervento di terra in Siria «è escluso». Al contrario, l'offensiva aerea contro i gruppi jihadisti continuerà «per stabilizzare» il regime siriano «e creare le condizioni di un compromesso politico». Bashar al Assad potrebbe uscire di scena se ci fosse un accordo sulla transizione con l'Esercito siriano libero, la fazione «moderata» dei ribelli. Il Cremlino spera sempre in un patto con gli Usa sui bombardamenti e sul futuro della Siria.

Sul fronte iracheno i caccia di Bagdad hanno colpito ieri un convoglio di emiri (comandanti) dello Stato islamico, che stava recandosi ad un vertice con il Califfo. Al Karabla, il luogo del summit, al confine con la Siria è stato pure colpito uccidendo diversi pezzi grossi dello Stato islamico. Le informazioni sul summit segreto sono state fornite da una «talpa» all'intelligence irachena.

Nel convoglio c'era pure Abu Bakr al Baghdadi, che sul primo momento è stato dato per morto. Copione già visto due volte nel novembre 2014 e marzo 2015, quando era stato annunciato che il Califfo fosse rimasto paralizzato da una scheggia alla spina dorsale.

Anche ieri Al Baghdadi, dato per morto la terza volta, è in realtà scampato per miracolo al bombardamento.

Non si conoscono ancora le generalità degli emiri rimasti uccisi, ma la struttura di comando dello Stato islamico è pesantemente infiltrata da parenti o ex ufficiali di Saddam Hussein. La leadership politica sarebbe in mano ad Ayman Sabawi Ibrahim, nipote del defunto dittatore, che nel 2006, nonostante una condanna all'ergastolo, fuggì dal carcere di Mosul.

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