Raisi, il leader senza popolo. Così l'Iran ritorna al passato

È l'uomo delle esecuzioni di massa, punta a diventare "guida suprema". Il voto tra povertà, rabbia e scontri

Teheran. Gli iraniani oggi avranno un nuovo presidente. Con tutta probabilità sarà Ebrahim Raisi. Un candidato intransigente vicino al leader supremo Ayatollah Ali Khamenei. Le elezioni si sono svolte in un clima teso. Da due anni monta la rabbia popolare per le difficoltà economiche a causa del ripristino delle sanzioni americane e dell'emergenza pandemica. Raisi, capo della magistratura, è considerato un rappresentante dell'establishment nella sue forme più temibili. Custode del santuario dell'imam Reza a Mashhad è anche sposato con Jamileh Alamolhoda, la figlia dell'imam della «preghiera del venerdì» di Mashhad.

Con Raisi presidente aumentano anche le possibilità che il religioso sciita succeda a Khamenei nel ruolo di guida suprema. Khamenei a sua volta ha ricoperto la carica di presidente per due mandati prima di diventare leader supremo. Raisi ha perso una volta contro Hassan Rohani, alle elezioni del 2017, ed è molto criticato dai difensori dei diritti umani per il suo ruolo di giudice nelle esecuzioni di migliaia di prigionieri politici nel 1988.

É destinato a essere un leader contestato in partenza e senza appoggio popolare, in una nazione enorme e sfaccettata. Ha 83 milioni di abitanti e oltre 59 milioni sono gli aventi diritto al voto. L'affluenza ieri alle 17 (ora locale) era di 14 milioni, cioè avevano votato meno del 25 per cento. I seggi però sono rimasti aperti fino a mezzanotte per fare aumentare il più possibile l'affluenza. Se vincerà Raisi è improbabile però che nei prossimi anni ci saranno grandi cambiamenti nella politica estera e nucleare dell'Iran, già fissata da Khamenei. Ma un presidente intransigente come lui potrebbe rafforzare ancora di più la presa di Khamanei sul Paese e realizzare una stretta sui costumi molto dura. Anche se è improbabile che Raisi si opporrà al ripristino dell'accordo sul nucleare. Secondo fonti diplomatiche anzi verrà ristabilito a breve, prima del suo insediamento ad agosto.

Le tensioni interne al regime erano ben visibili ieri ai seggi. Dove militari e funzionari dei servizi controllavano il voto e gli elettori. Hamed, 18 anni, studente di medicina, era fuori dalla moschea Hosseinieh Ershad. Le sue affermazioni verso il governo sono state dure ma coraggiose. «Questo è solo uno show, è pura propaganda. Noi vogliamo un Iran libero, senza religiosi al potere» ha detto con fermezza. Ma queste affermazioni sono costate care al giovane Hamed. Nel pomeriggio è stato perquisito dalle guardie ma fortunatamente è riuscito a scappare e a non essere arrestato. Subito dopo i sostenitori di Raisi e di Abdolnaser Hemmati si sono scontrati con urla e schiamazzi. E i supporter di Hemmati quando è arrivato al seggio si sono infiammati: «Drood Bar Hemmati», «Salutiamo Hemmati» hanno gridato infervorati. Pure Kaabiz Mehdizadeh - marito di Maryam una figlia di Rohani - ha espresso il suo disappunto: «I moderati non hanno un loro candidato, ma siamo venuti a votare obbedendo solo a un ordine del leader supremo».

Ai seggi di Khorasan Square, quartiere conservatore, ci sono due file una per gli uomini e una per le donne. Le femmine indossano tutte il chador nero lungo fino ai piedi. Tahere, 20 anni, è un'insegnante: «Voterò Raisi perché è il migliore tra i peggiori. Hemmati non è stato un buon governatore, non potrebbe risolvere i problemi del Paese». La posizione di Hamid Rasaie, religioso sciita, due volte parlamentare, è più articolata: «Io non credo nella divisione tra conservatori e riformisti.

In Iran ci sono due gruppi di persone: chi supporta gli Stati Uniti e l'Occidente e altri che pensano che invece potrebbero solo peggiorare i nostri problemi. Io ritengo invece che dovremmo contare sulle nostre capacità e che il mondo sia molto grande. Non esistono solo l'America, la Francia, la Gran Bretagna e la Germania».

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