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Il rapimento che può uccidere una madre

A sedici giorni sei solo di tua madre. Non sei ancora altro da lei e non puoi esserlo. Perché sei appena evaso controvoglia dal suo tepore, perché un urlo ti ha lasciato al freddo, perché la sua è l'unica voce che riconosci, il suo è l'unico odore che ti senti addosso. Il mondo ha il ritmo del suo battito: tutto il resto, non esiste. «Avrà freddo il mio bambino, dottore? Come faccio a capirlo?» chiedono le mamme appena dimesse dall'ospedale (...)

(...) e quello di solito risponde «Si regoli su se stessa signora. Se lei sente freddo, vuol dire che anche lui ha freddo». C'è altro da aggiungere?

Matteo vaga nell'ovetto sul sedile posteriore dell'auto di suo padre. E suo padre non sa dove andare e non sa nemmeno perché procede: Torino, Francia, Spagna… Con la confusione che gli batte sulle tempie, per essersi ribellato agli psicofarmaci e per non avere saputo mettere ordine da solo. Matteo ha addosso una tutina beige e rossa a righe, con il disegno di Snoopy o forse di una mucca, non ricordano bene e un bavaglino beige e una copertina azzurra che sono l'ultimo accudimento che ha potuto dedicargli la sua mamma prima di vederlo sparire nel parcheggio di un ipermercato. La seconda volta che se lo vede strappare dalla pancia, senza che però stavolta nessuno glielo metta in braccio. Le donne non si sfiorano la pancia per mesi dopo il parto, non riescono a sfiorarla: perché è vuota. Non sa che ore sono Matteo, non sa quando deve mangiare, né se deve fare la nanna, non sa nemmeno se suo padre è buono e se va bene essere lì con lui in questo momento o che fine abbia deciso di fargli fare. L'unica casa che Matteo conosce è sua madre. E adesso è fuori da quella casa. Una madre ci può impazzire. E può solo sperare che continui a non rendersi conto di niente, a non sapere niente, che non gli succeda niente. Può solo augurarsi che il padre decida di fare il padre prima che il suicida, o l'omicida, o il pazzo o l'infelice o l'uomo sbagliato con cui fare un bambino. Può solo aspettare davanti a un telefono muto o che squilla inutilmente all'improvviso facendola contorcere: di tuo figlio nessuna notizia. Non ancora. E può solo maledirsi per non avere capito o per avere capito troppo tardi di avere in realtà già capito da tempo, senza comunque fare nulla. Senza denunciare, senza chiedere aiuto, senza urlare. Convinta, come forse è stata, che a Matteo non potesse succedere nulla.

Che il marito sbagliato fosse solo una questione sua. Fino all'asfalto del parcheggio di un ipermercato dove ha dovuto ri-partorire male. Perché stavolta non è stato un dare alla luce, ma è stato un togliersi e basta. Togliersi dalla pancia Matteo per vederlo sparire.

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