S i definisce un liberale moderato («terribilmente moderato»), non ha tessere e se avesse i soldi fonderebbe il «partito del buonsenso». Intanto, deve convincere il centrodestra a scommettere su di lui per togliere la fascia da sindaco di Milano a Beppe Sala nel 2021. Roberto Rasia Dal Polo (cognome lungo ma non ha origini nobiliari, semmai un antenato nella spedizione dei Mille) ha iniziato l'anno nuovo mettendosi (ufficialmente) a disposizione come candidato del centrodestra. In un lungo messaggio su Facebook ha precisato che la disponibilità c'è «a patto che il progetto sia di tutti e non di un solo partito. Milano può tornare a pensare in grande, ora la palla passa ai leader della coalizione. Sta a loro decidere chi affronterà questa sfida». Rasia era il «mister x» ventilato per mesi dalla Lega. Il 7 dicembre quando Sala ha annunciato il bis, all'identikit del possibile sfidante è stato associato un nome. Ma per quasi un mese le bocce sono rimaste ferme. Rasia ha mantenuto il silenzio stampa e nei giorni scorsi ha deciso di dare una scossa al tavolo dei big che dovrebbe tornare a riunirsi a Roma dopo l'Epifania ma vorrebbe completare in contemporanea il risiko per le prossime Comunali (e Guido Bertolaso per Roma non convince ancora Giorgia Meloni). Intanto Salvini dà il suo placet: «Ringrazio con favore chi dà disponibilità senza tessere di partito»
Classe 1974, genovese di origine, Rasia si è trasferito come stagista a Milano a 23 anni con un biglietto senza ritorno. È stato per 10 anni conduttore e autore di Radio24 e per otto di vari programmi su Sky, ha fondato l'azienda di comunicazione creativa 12punto6, da 3 anni è direttore comunicazione e formazione del Gruppo Pellegrini, fondato dall'ex presidente dell'Inter Ernesto Pellegrini che vanta importanti progetti di solidarietà su Milano. E il suo portavoce - tredici anni di scuola dai Padri Barnabiti - è attivissimo nel sociale e per cinque volte è stato personalmente a Lourdes come barelliere. I contatti con il mondo cattolico sono visti di buon occhio dai leghisti. Sala giorni fa parlando di lui lo ha definito «una persona degna ma non lo conosco. Certamente non mi illudo sul fatto che il centrodestra non tiri fuori un bel candidato, gli ultimi come Gabriele Albertini, Letizia Moratti e Stefano Parisi erano persone di livello». Un tentativo (pare) di sminuire il possibile avversario. Rasia ha sorriso, sogna ancora una politica basata sui fatti e non sulle polemiche. Rinnova la «stima per Sala» ma ribadisce quanto ha scritto nel suo messaggio sui social, «la sua amministrazione ha commesso errori gravi negli ultimi due anni», non si riferisce nemmeno alle scivolate a inizio pandemia su cui Sala ha già fatto mea culpa, ma proprio per citare Albertini e Moratti ricorda che hanno fatto «cose straordinarie», sono loro i progetti che hanno trasformato Milano e l'hanno portata all'apice del pre Covid», e «la Moratti vinse Expo 2015. Se Sala non avesse deciso di ricandidarsi quali grandi progetti avrebbe lasciato in eredità?». È pronto a scendere in campo «per i milanesi e per mia figlia», una bimba di 3 anni, «vorrei che a 20 cercasse lavoro a Milano e che fosse una città sicura, non lo è più». Lo ha cercato la Lega ma «a Salvini - ribadisce - ho spiegato subito che non sono un politico né un leghista, ma mi sembra vincente la scelta di puntare su un cittadino». Il gap di popolarità nei confronti di Sala non lo spaventa, e nemmeno la campagna condizionata dalle restrizioni anti Covid. Dopo l'outing politico gli hanno scritto «tanti elettori di centrosinistra pronti a votare per me.
Se lo capiscono anche i partiti, sono l'uomo più felice della terra, altrimenti torno a fare il mio lavoro». La palla passa ai big. Silvio Berlusconi ha sondato di recente anche l'ad del Gruppo Mondadori Ernesto Mauri. Per ora ha declinato.
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