«Ratzinger va ascoltato Celibato indispensabile con nessuna eccezione»

Il prefetto emerito per la Dottrina della Fede: «Non va distrutta l'immagine del sacerdote»

Fabio Marchese Ragona

Roma Benedetto XVI non è ancora morto, deve dire cosa pensa». Alla vigilia dell'uscita in Francia del libro scritto a quattro mani dal Papa Emerito e dal porporato africano Robert Sarah sul celibato sacerdotale, parla a Il Giornale il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede che ribadisce: «C'è un solo Papa, ed è Francesco».

Eminenza, Benedetto XVI scrive: «Non posso tacere, il celibato sacerdotale è indispensabile». Ratzinger ha fatto bene a dire la sua?

«È stato celebrato un Sinodo sull'Amazzonia, sulla missione della Chiesa in quella parte del mondo ed è stato affrontato anche il tema del celibato dei sacerdoti, che però non è direttamente il tema principale dell'assise. Ritengo una buona cosa che il Papa emerito abbia sollevato la sua voce dando alcune sue spiegazioni su questo grande tema della Chiesa, in quanto grande teologo, in quanto prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede e soprattutto perché Papa emerito».

Ratzinger nel libro si definisce vescovo «in filiale obbedienza a Papa Francesco». Qualcuno però tende a contrapporre i due papi per via di questa ennesima presa di posizione di Benedetto XVI...

«Questo è un gioco anti-ecclesiastico ed è assolutamente chiaro che tutti i cardinali, tutti i vescovi, tutti i cattolici sono al fianco di Papa Francesco e non è neanche necessario ribadire questa cosa o sottolinearla perché è assolutamente naturale che noi tutti obbediamo a Papa Francesco come supremo Pontefice e pastore della Chiesa. D'altra parte ognuno di noi ha il dovere non solo di obbedire al Papa ma anche di obbedire a Cristo, tutti siamo vescovi e per questo abbiamo una responsabilità, di sostenere il Papa nella sua missione ma anche di compiere la nostra missione, come vescovi o cardinali della Chiesa».

E pensa che sia questo il motivo per cui Benedetto XVI ha rotto il silenzio?

«Il suo non è stato un silenzio assoluto, non ha mai voluto intromettersi in ogni momento nel governo attuale della Chiesa, ma questo non vuol dire che il Papa emerito debba stare zitto. Benedetto XVI non è ancora morto, è vivo, vive in questo mondo e noi sappiamo che la missione del vescovo rimane fino alla sua morte. E questo riguarda ovviamente anche i vescovi emeriti e il Papa emerito: tutti partecipano alla missione della chiesa e tutti hanno una responsabilità per il bene della Chiesa e verso Gesù Cristo».

Sul volo di ritorno da Panama, Papa Francesco è stato chiaro, ha citato Paolo VI: «Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge sul celibato». Pensa che ci siano comunque dei rischi a seguito del Sinodo?

«Noi abbiamo il sacerdozio sacramentale, non come i protestanti che vedono questo ministero soltanto come una funzione, seppur importante. Il sacerdote è un rappresentante di Gesù e tutta la sua vita ha a che vedere con la sua missione, con il suo potere spirituale. Ne ha parlato Paolo VI ma anche il Concilio Vaticano II. Non è quindi un tema che il Papa o il Sinodo può cambiare secondo il parere o il piacere del mondo di oggi, che non può capire questo grande carisma che viene da Dio».

Cosa succederà quindi alla fine secondo lei?

«Non so cosa sarà scritto nell'esortazione post-sinodale di Papa Francesco. Abbiamo alcuni sacerdoti sposati che vengono dal protestantesimo e anche dalla chiesa greco-cattolica ma altra cosa è introdurre o non introdurre preti sposati nella chiesa cattolica di rito latino.

Io penso che non sia possibile alcuna eccezione, perché ci troviamo a fare i conti con una mentalità del mondo secolarizzato che non apprezzando il celibato in questa forma di vita evangelica, lo interpreterebbe come l'abolizione del celibato stesso. Questo significherebbe la distruzione completa della nostra immagine del sacerdote come buon pastore che dà la vita per le sue pecore».

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