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Re Giorgio si è dimesso

Nove anni di partigianerie ai danni degli italiani: Napolitano lascia dopo un golpe e la nomina di tre premier mai eletti

Re Giorgio si è dimesso

Se ne va. Finalemente. È la fine di un imbroglio lungo nove anni. Il golpe bianco, la nomina di tre presidenti del Consiglio mai eletti dagli italiani, i continui strappi ai danni del parlamento. Giorgio Napolitano se ne va e gli italiani si alzano pwer una standing ovation. È una liberazione. Con l'ufficilità delle tre lettere consegnate oggi la Repubblica italiana archivia nove anni di battaglie per nulla super partes che hanno visto nel blitz 2011 per cacciare Silvio Berlusconi da Palazzo Chigi e mettervi Mario Monti il punto più basso di una presidente della Repubblica che non ha mai nascosto la propria partigianeria per la sinistra.

"Certo che sono contento di tornare a casa!". C’è un che di liberatorio in questa ammissione che Napolitano ha consegnato ieri a una bimba che davanti al Quirinale gli ha chiesto se non gli dispiacesse un po' lasciare un così bel palazzo. Il presidente della Repubblica uscente non ha mai nascosto il peso dell’età e le difficoltà crescenti a portare avanti i "gravosi" compiti richiesti dalla guida del Quirinale. Nelle ultime ore ha ammesso che al palazzo dei papi "sì, si sta bene, è tutto molto bello ma si sta troppo chiusi, si esce poco". "Quasi una prigione", ha aggiunto forse pensando alla sua amatissima casa al rione Monti dove rientra finalmente oggi dopo quasi nove anni passati al Colle. E a Monti (pochi passi dal Quirinale) sarà festa per il rientro del vicino illustre. Ma la sua prigione è la diventata la prigione di tutti gli italiani. Perché, lasssù al Colle, è stato blindato pure il diritto di scegliere un premier. Da anni, ormai, gli italiani non possono decidere da chi farsi governare. Dopo aver piazzato Monti, che anziché risolvere la crisi economica l'ha fatta esplodere rendendola endemica, Napolitano ha fatto il bello e il cattivo tempo affidando il timone dell'Italia a Enrico Letta e a Matteo Renzi.

Ore 10.43, la firma delle dimissioni. Il segretario generale Donato Marra, che per nove anni è stato l'ombra del capo dello Stato, ha fatto la spola tra il Senato, la Camera e Palazzo Chigi per consegnare le attesissime e graditissim (almeno per gli italiani) lettere. Si libera così il Quirinale. E si apre, al tempo stesso, la partita per il dopo Napolitano. "Gli italiani siano sereni per il futuro - ha ripetuto il capo dello Stato - e soprattutto molto consapevoli della necessità, pur nella libertà di discussione politica e di dialettica parlamentare, della necessità di un Paese che sappia ritrovare, di fronte alle questioni decisive e nei momenti più critici, la sua fondamentale unità". Un addio per nulla formale, solo una breve cerimonia nel cortile del Quirinale. Poi via, con la moglie Clio, a Monti, vicolo dei Serpenti, nel cuore di Roma antica.

Gli italiani ne prendono atto, nella speranza che il prossimo non sia partigiano quanto il precedente.

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