Il reality dell'esecutivo a 5 Stelle: farsa per coprire Rimborsopoli

La strategia: distrarre sparando nomi a effetto

Il reality dell'esecutivo a 5 Stelle: farsa per coprire Rimborsopoli

Domenico Di Sanzo

«Di Luigi Di Maio non bisogna mai fidarsi». Eccolo, il commento di un attivista storico, che conosce bene il candidato premier, appena dopo la lettura della lista dei ministri del «governo immaginario». In privato, anche tra i pezzi grossi dell'ala «ortodossa», è virale il mal di pancia. Roberto Fico, leader della minoranza grillina, è stato fatto fuori all'ultimo minuto dall'«esecutivo Di Maio». E qualcuno ha cominciato a ricostruire con precisione la genesi dell'«operazione ministri». L'idea di presentare ai cittadini, prima del voto, un elenco di potenziali componenti del governo, c'è da sempre nel M5S. Gianroberto Casaleggio la teorizzava già nel 2014 per sedurre gli elettori indecisi. Ma, secondo i bene informati, a ridosso dello scandalo «Rimborsopoli» e con gli «impresentabili» che venivano fuori uno dopo l'altro, ci sarebbe stato bisogno di un'accelerazione. La strategia è stata propinata a Di Maio direttamente dai componenti del suo staff. Partorita dalla mente del comunicatore ex gieffino Rocco Casalino e avallata da Vincenzo Spadafora, braccio destro del leader. Il ragionamento è semplice, e si è rivelato efficace: «Dobbiamo tornare sulle prime pagine dei giornali per un altro motivo che non siano i bonifici truccati e gli scheletri nell'armadio dei candidati». E via con il «reality show». Il piano sarebbe stato studiato nei minimi dettagli: «persino la mail da mandare a Mattarella e la salita al Colle», si lamentano i delusi. Anche i nomi da «bruciare» potrebbero essere stati concordati, dati in pasto ai retroscenisti e poi smentiti ad arte. Sono queste le riflessioni di chi non sopporta più la nuova gestione del Movimento.

Soprattutto per il ministero dello Sport, i papabili corrispondevano tutti a personaggi dal profilo nazional-popolare, ideali per le prime pagine dei giornali: L'eroe mundial Claudio Gentile, Zdenek Zeman, anticonformista del pallone, Damiano Tommasi e Guido Bagatta. Più una spolveratina «culturale» di Salvatore Settis e Tomaso Montanari, transfugo della sinistra radicale. Tutti caduti in quella che chiamano «la trappola di Casalino». E il Grande Fratello si è trasferito dagli schermi della tv ai palazzi del potere, infine dritto sulle prime pagine dei giornali. Non è più un mistero, infatti, che Luigi Di Maio subisca il fascino delle rotative. Soprattutto quelle dei «giornaloni» tipo il Corriere della Sera, dalle cui colonne è sempre pronto a farsi intervistare per lanciare ogni nuova svolta. La passione, o vanità, di Di Maio per alcuni giornali era stata spiegata proprio dal Giornale il 17 dicembre del 2017. Lo stesso Matteo Renzi, ospite di Enrico Mentana alla trasmissione Bersaglio Mobile su La7, il 28 febbraio si era fatto scappare il pettegolezzo: «Io rispetto la scelta di Di Maio, la considero un'operazione di marketing geniale che stanno facendo i 5 stelle. Con la lista dei ministri, i ministri sapranno che non lo faranno mai davvero, ma con questa operazione hanno cancellato rimborsopoli - ha spiegato Renzi - apprezzo Rocco Casalino e gli faccio i complimenti».

La dissidenza, però, ribolle. Molti grillini sul territorio si stanno dissociando da Di Maio, ad esempio a Siena in polemica con la candidatura di Salvatore Caiata, indagato per riciclaggio.

Oppure a Firenze, in disaccordo con la scelta dell'ex renziano Nicola Cecchi al Senato e ancora in Puglia, contro il pro-triv Ruggiero Quarto. In ordine di tempo, gli ultimi sono gli attivisti di Cagliari, delusi dalla svolta «partitica». Beppe Grillo, intanto, diffonde messaggi subliminali dal nuovo blog. E, stanco, manda a quel paese il «vaffa».

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