Coronavirus

"Reati no? Ma errori sì. La commissione Covid usi la nostra indagine"

Il procuratore capo di Bergamo Chiappani: "Da riscrivere il reato di epidemia colposa"

"Reati no? Ma errori sì. La commissione Covid usi la nostra indagine"

Lo hanno definito «un pm che voleva fare il sociologo», l'hanno accusato di «populismo giudiziario», censurato da parte di qualche giornale per non aver provveduto a bloccare l'inchiesta sulla pandemia durata tre anni. «L'archiviazione non è un alibi per non fare niente», dice il procuratore capo di Bergamo Antonio Chiappani dalla sua scrivania al secondo piano della Procura. Tra un mesetto appenderà la toga al chiodo («Ma resto in commissione tributaria a Brescia», assicura).

Al Giornale spiega di non voler entrare nel merito delle decisioni del Tribunale dei ministri che ha archiviato le posizioni dell'ex premier Giuseppe Conte, dell'ex ministro della Salute Roberto Speranza, di ex dirigenti e membri del Cts. Decisione che Chiappani rispetta, ma sente la necessità di fornire alcune precisazioni dopo il grande impegno profuso dalla Procura per ricostruire le risposte delle autorità sanitarie e civili alla pandemia nella Bergamasca e nelle zone limitrofe. Nell'informativa di reato di oltre 2.400 pagine, sottolinea Chiappani, venivano evidenziate le criticità, le omissioni e la sottovalutazione del rischio epidemico, con riferimento alla mancata Zona rossa: «A tre anni di distanza c'è ancora discussione su chi spettasse la decisione», che era politica, insindacabile in sede giudiziaria. «Mi chiedo: potranno essere sindacate, in altra sede, anche politica?». Alcuni rilievi contenuti nell'archiviazione di Brescia, sulla non configurabilità del reato di epidemia colposa o sulla mancanza del nesso causale con le morti sono trancianti, ma l'evidente ed accertata impreparazione e sottovalutazione delle autorità sanitarie impongono la necessità di interventi da parte del legislatore, per evitare che la debacle sanitaria si ripeta. L'amarezza che traspare dalle sue parole è tutta per i parenti delle vittime. Persone rimaste senza affetti, senza risposte e (ancora) senza risarcimenti, ora, a distanza di tre anni, abbandonate con parole di circostanza e qualche sommesso mea culpa «fino al prossima cerimonia, al prossimo Requiem al Gaetano Donizetti».

La procedura avanti il Tribunale dei ministri, osserva il procuratore, non prevedeva infatti la partecipazione delle persone offese, in contrasto con il disposto dell'articolo 111, 2° comma, della Costituzione sul contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità: «È come se i morti non esistessero più. Quando vedo la foto delle bare sui camion, penso al fatto che i morti di Bergamo al Tribunale dei ministri non hanno avuto voce». Una stortura? «Il mio non è una censura giuridica, né procedurale, ripeto, ma nessuno ha pensato a loro. Nessuno lo ha fatto notare, neanche le Camere Penali, così sensibili a questi argomenti».

Qualcuno dice che ciò che è successo era ineluttabile, la solita tragica fatalità all'italiana. Imprevedibile come le alluvioni. «Chi dice che la colpa è del buon Dio non vuole ammettere che l'Italia non era preparata ma avrebbe dovuto esserla. Per legge. Come se i disastri ambientali o sanitari non possano essere oggetto di investigazione. È populismo giudiziario cercare di ricostruire, ai fini di individuare eventuali responsabilità? È tra i compiti di una Procura o, come mi è stato contestato, non si doveva fare? Qui ribadisco che il materiale raccolto, come ho sempre sostenuto, non serviva solo a dare delle risposte giudiziarie, ma anche scientifiche, epidemiologiche, politiche. Gli italiani ed i bergamaschi in particolare avevano ed hanno il diritto di sapere come è stato affrontato l'annunciato pericolo della diffusione di una pandemia e sapere degli eventuali errori. Perché nel futuro maturi finalmente una cultura della preparedness anche al ministero».

E quali domande sono rimaste senza risposta? «È più corretto dire quali domande sarebbero rimaste senza risposta. La gente di Bergamo non avrebbe dovuto sapere perché il 5 marzo era stato inviato l'esercito in Valseriana e tre giorni è stato smobilitato... (sul ritiro dei militari c'è il segreto di Stato, ndr) Ma si sa che Speranza aveva firmato per la chiusura e Conte non ha voluto. Mi chiedo, la gente di Bergamo non doveva sapere perché la medicina territoriale era allo sbando, i medici di base non intervenivano più, gli infermieri a Bergamo non sapevano neanche come indossare le tute e la gente moriva nelle ambulanze? La gente di Bergamo non doveva forse sapere come e chi aveva deciso di non fare i tamponi agli asintomatici, quando già si sapeva che in Cina erano ritenuti grandemente coinvolti nella esponenziale diffusione del contagio? La gente di Bergamo non deve sapere perché non era stato aggiornato il piano pandemico del 2006 nonostante il successivo virus H1-N1? E che soprattutto il piano pandemico non era stato comunque attuato? Non si doveva sapere che una normativa del Parlamento Ue del 2013 imponeva le scorte di retrovirali, tute e mascherine e come organizzarsi per affrontare il rischio di una possibile pandemia?».

Sullo sfondo resta la commissione d'inchiesta. «Ritengo - commenta il Procuratore capo di Bergamo - che valutazione giudiziaria e valutazione politica o scientifica non siano sovrapponibili, ma il materiale raccolto nella nostra inchiesta ritengo possa essere preso in considerazione. Del resto, anche se mi si contesta che non era nostro compito, siamo stati gli unici a ricostruire esattamente cos'è successo e come è stata gestita la prima fase della pandemia, quella che ha cagionato migliaia di morti nel nostro territorio, quando ancora nelle altre parti del Paese il virus non era ancora diffuso».

E poi c'è la necessità di riscrivere il reato di epidemia. «Il Tribunale di Brescia ha stabilito che per il nostro ordinamento è previsto solo come reato a condotta vincolata, che si realizza solo con la volontaria o colposa diffusione degli agenti patogeni. L'omissione delle misure sanitarie e sociali previste per arginare, se non prevenire, comunque ostacolare il diffondersi di un'epidemia non costituisce un illecito. Se è così, mi preoccupa. La decisione di Brescia sul punto deve fare riflettere il legislatore se mettere mano al reato di epidemia, ancora fermo alla dicitura del 1930 per la quale sarebbe punibile solo il cagionare l'epidemia mediante diffusione di germi patogeni di cui l'agente ha il possesso».

Il non aver attuato il piano pandemico è stato decisivo? «Vi erano autorevoli rappresentanti dell'autorità sanitaria centrale che ne ignoravano l'esistenza. Non è reato? Va bene. Ma che il piano andasse aggiornato lo richiede Ranieri Guerra nel 2017 al ministro Lorenzin, e ribadito dal successore di Guerra al nuovo ministro Giulia Grillo. Tutto inutilmente. Uno dei punti cardine era quello di prevedere una precisa ed oggettiva catena decisionale, in modo che ciascuno sapesse quali fossero i suoi compiti e su quali materie ognuno dovesse intervenire. L'inchiesta ha messo a nudo la confusione, la sovrapposizione e la frammentazione delle competenze ministero della Salute, Protezione Civile, Cts, Regioni e Asl. Fu scelta politica? Bene, se sì lo valuti l'eventuale commissione d'inchiesta». Un ultimo ragionamento lo merita la mancata prova che, se aggiornato e/o attuato, il piano avrebbe evitato il diffondersi dell'epidemia e molti morti della Bergamasca, più di 4mila secondo la perizia di Andrea Crisanti. «C'è un problema di valutazione in ambito penale della prova scientifica. Se le proiezioni epidemiologiche e le valutazioni con metodo statistico siano sufficienti a correlare causalmente omissioni sul contagio e morti di soggetti nominativamente determinati, ed è stato escluso. Posso dire anche altri esperti, peraltro del Cnr, come ho avuto modo di leggere su fonti aperte, avrebbero valutato statisticamente in 4.500 i morti direttamente legati alla mancata Zona rossa nella Bergamasca: in pratica gli stessi dati ricavabili dalla proiezioni del cosiddetto piano Merler (il piano secretato) di cui il governo e Cts erano a conoscenza. Lo stesso governo si è mosso dunque tenendo conto delle proiezioni epidemiologiche (peraltro drammaticamente verificatesi) e questo ha fatto anche la Procura.

Non mere supposizioni, come è stato detto».

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