
Più che una domanda è un urlo: "Perché Hamas non ha liberato e non libera gli ostaggi?". Massimo Recalcati, psicoanalista e saggista, un'icona del mondo progressista, mette il dito nella piaga della sinistra radicale, schierata sempre con la causa palestinese. Senza se e senza ma, senza distinguo, senza spendere una sola parola in soccorso degli ostaggi israeliani, segregati in condizioni inumane dal 7 ottobre del 2023.
"Cari compagne e compagni pro Pal - scrive Recalcati su Repubblica - lasciatemi porre a voi una domanda che non ho visto in nessun vostro comunicato politico o sindacale di questi giorni: perché Hamas non ha liberato e non libera gli ostaggi". D'accordo, Israele, o meglio il Governo Netanyahu ha le sue responsabilità, anzi le sue colpe, e lui le sottolinea. Ma poi, vira dove non ti aspetti e colpisce con coraggio l'omologazione assoluta, il silenzio scandaloso quando si parla - anzi, non si parla - degli ostaggi da parte degli stessi che un giorno si e l'altro pure si mobilitano per la Palestina, puntano il dito contro Israele, scioperano, protestano, s'indignano, lanciano appelli e fanno partire la Flotilla, propongono embarghi contro Tel Aviv, le sue università, i suoi professori e sportivi, perfino i suoi artisti.
Su Hamas, e sui vivi e sui morti sepolti nelle gallerie di Gaza, nemmeno una parola, nemmeno una sillaba, nemmeno un bisbiglio. " Il punto - osserva Recalcati - è l'assenza assordante a sinistra, ma più in generale nel dibattito politico pubblico, di questa domanda, perché non è affatto una domanda secondaria: perché Hamas non libera gli ostaggi?". E perché questa questione non suscita riprovazione, non muove le coscienze, non interpella i Pro Pal e i tanti che giustamente abbracciano la popolazione stremata di Gaza? "Il loro corpo invisibile agli occhi del mondo - va avanti il polemista in quella che è una vera e propria requisitoria contro le manifestazioni a senso unico - non avrebbe il pieno diritto di reclamare la sua esistenza offesa? Cosa significa vivere diventando scudi umani? Possiamo averne un'idea? Esiste una graduatoria dell'orrore?".
Un groviglio di punti di domanda e di contraddizioni che si incuneano nel monolite dell'ideologia filo palestinese. "Di fatto - nota lo studioso - la scelta politica di Hamas di non liberare gli ostaggi ha trasformato il popolo di Gaza in un bersaglio militare". Ovviamente questo non giustifica in alcun modo le atrocità compiute dalle truppe del governo Netanyahu. Ma tutta questa sofferenza nemmeno cancella il dolore di chi aspetta sottoterra una liberazione che probabilmente non arriverà mai. E non può più giungere per i molti ostaggi, la gran parte, ridotti a ossa o cenere. "La domanda - ripete Recalcati quasi riproponendo un ritornello luttuoso - ritorna per me insistente: perché Hamas non ha liberato e non libera gli ostaggi?".
Le vittime abbandonate al loro destino da chi s'infiamma per i derelitti di Gaza. Loro hanno diritto ad avere una voce, gli ostaggi possono rimanere nelle tenebre dell'indifferenza. E dell'irrilevanza.
Forse, anzi sicuramente, perché stanno dalla parte sbagliata, come se ci fosse una collocazione giusta per poter vivere e morire infine dentro tombe in cui si è sprofondati quasi due anni fa.Ma questo per i Pro Pal non vale nulla. Nemmeno uno striscione o un cartello in qualche piazza schiumante o scuola occupata