Coronavirus

Il record di Johnson: vaccino a metà Paese

Dietro al successo inglese la strategia vincente di una manager farmaceutica

Il record di Johnson: vaccino a metà Paese

Londra. Metà della popolazione adulta del Regno Unito ha ricevuto almeno una dose di vaccino. A confermare il superamento del traguardo è stato il ministro della sanità Matt Hancock che, raggiante, ha fornito un altro dato che dà le dimensioni del successo della campagna vaccinale inglese: 660.276 sono state le persone vaccinate solo venerdì (528mila hanno ricevuto la prima dose, 132mila la seconda), il record dall'inizio della campagna. Numeri di un successo tanto fragoroso quando inaspettato dopo una gestione iniziale dell'emergenza sanitaria disastrosa. La portata dell'impresa britannica è esaltata dal confronto con il resto del mondo: in rapporto alla popolazione solo Israele ha fatto meglio, inoculando almeno una dose a quasi il 60% dei suoi cittadini, con Londra che si ferma al 38.7% pari a 28.3 milioni di persone. Germania e Italia sono all'8.5%, la Francia all'8.3%.

Il successo inglese porta il nome di Kate Bingham, imprenditrice farmaceutica di lungo corso che a maggio è stata chiamata da Johnson per dirigere lo sforzo vaccinale del Paese. Il suo viso riempie la copertina del Telegraph di ieri, una lunga storia per celebrare le gesta di Kate la grande, come viene appellata dal giornale inglese. Biochimica senza però esperienza di vaccini, una vita trascorsa a scovare e far crescere aziende farmaceutiche potenzialmente di successo, Bingham sa tutto di logistica, di cosa serve per attivare e portare a regime una macchina produttiva, ha una fitta rete di conoscenze internazionali che le consente di sviluppare l'ambiente ideale in cui far progredire il lavoro degli scienziati. Nonostante lo scetticismo iniziale del mondo scientifico che pensa servano anni per creare un prodotto efficace, quando Bingham accetta la proposta del primo ministro i vaccini di AstraZeneca e di Pfizer stanno entrando nella fase sperimentale. Non si sa se funzioneranno, non se ne conosce l'efficacia, ma sono le uniche ancore cui aggrapparsi. Ne servono altre, Bingham e la sua squadra lavorano alla selezione di altri vaccini da sviluppare, si individuano quelli su cui puntare. Le società farmaceutiche vengono aiutate nella conduzione dei test, si crea un registro con migliaia di volontari disponibili a partecipare alle sperimentazioni, si aiutano le aziende a sviluppare le capacità produttive per una produzione di massa sostenibile, si garantiscono indennizzi alle aziende in caso di fallimento. Un binomio stato-pubblico di successo in cui entrambi le parti avanzano assieme, una collaborazione in cui la lunga esperienza di Bingham nel settore e la sua rete di contatti fanno la differenza: il governo inglese si assicura la fornitura di 357 milioni di dosi da sei produttori differenti e soprattutto si muove per primo, anche per le autorizzazioni alla somministrazione: il 2 dicembre il Regno Unito è il primo Paese occidentale ad autorizzare un vaccino anti-Covid. Dopo 7 mesi di impegno pro bono, l'obiettivo raggiunto, Bingham lascia il suo incarico.

A gennaio la macchina vaccinale parte a vele spiegate e il governo decide di ritardare la seconda dose di 12 settimane anziché le 3 suggerite dai produttori: si temono difficoltà di approvvigionamento e si preferisce distribuire le dosi al maggior numero di persone possibili. È un'altra scelta vincente, supportata da studi di Oxford che dimostrano come aumentare il divario di somministrazione delle dosi ne aumenti l'efficacia. Il Paese vede ora la luce alla fine del tunnel, c'è un piano di riaperture progressive e di ritorno alla normalità per l'estate.

Si invoca la prudenza, monta la speranza.

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