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Recovery, Conte cede a Iv: sui manager vediamo insieme

Renzi minaccia di non votare la legge di Bilancio. E il premier promette: sui fondi deciderà il Cdm

Recovery, Conte cede a Iv: sui manager vediamo insieme

Trovata l'intesa sul Mes, o meglio sulla missione del premier Giuseppe Conte al Consiglio europeo di oggi, sulla strada del governo restano due macigni. Il più rischioso, la definizione del piano italiano per impiegare i soldi del Recovery fund e la «governance» della sua attuazione. Il secondo è il voto di ratifica del Mes, a gennaio. Nel primo caso l'ostacolo resta Italia viva di Matteo Renzi. Nel secondo a puntare i piedi è una minoranza del M5s.

Ieri l'ex premier ha parlato, fuori programma durante il dibattito al Senato sul Mes. Intervento durissimo, quasi tutto dedicato al Revocery fund, nel quale Renzi, rivolto al premier Conte, ha smentito di volere trattare sui ministeri («se le servono delle poltrone ce ne sono tre da ministro e una da sottosegretario a disposizione»), respinto la task force per la gestione dei fondi Ue («assumere 300 consulenti quando si tagliano 300 parlamentari è la dimostrazione di un'idea di politica che non condivido»).

Confermato che Italia viva non voterà la legge di Bilancio se tra gli articoli della manovra spunterà la norma che istituisce la struttura alle dipendenze di Palazzo Chigi.

Sul Recovery Italia Viva ha aperto a sorpresa anche un fronte sul merito e sulle cifre del piano circolato in bozza nei giorni scorsi.

In particolare sui 9 miliardi dedicati alla sanità. «Ne servono il doppio, il triplo, il quadruplo, e ogni riferimento ai 36 miliardi del Mes è voluto». Poi sul turismo, «una delle voci principali della ripartenza, specie al Sud, ma vi sembra normale che il Parlamento stia zitto?».

Un crescendo da leader di opposizione che non fa pensare a una pacificazione in tempi brevi. Anche se dietro le richieste all'apparenza meno digeribili per il premier Conte, si intravedono delle possibili soluzioni. La richiesta di coinvolgere enti locali e persino dei sindacati nella gestione del Recovery sono richieste condivise dal Pd. Cosi come il coinvolgimento del Parlamento. I dubbi di Italia Viva sono quelli di tanti altri nella coalizione di governo «Tutta la maggioranza è basita, poi la faccia ce la metto io», ha detto lo stesso Renzi a Porta a Porta di Bruno Vespa.

L'attacco di Renzi ha aperto dei varchi nel governo e dopo il congelamento del consiglio dei ministri che avrebbe dovuto varare la task force, si comincia a ragionare su possibili cambiamenti.

Tutti nella direzione di una gestione più tradizionale delle risorse europee.

Conte ha replicato al leader di Italia viva derubricando la vicenda dei sei manager alla guida del recovery un «colossale fraintendimento». Sulla governance si troverà «una formula giusta al Consiglio dei ministri». I manager faranno solo «monitoraggio» e le decisioni verranno votate dal consiglio dei ministri.

Tutto fa pensare a una cabina di regia composta non solo dal premier Conte e dai ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, ma allargata a tutti i dicasteri con competenze sui vari programmi.

Paradossalmente meno complicato cambiare i contenuti del piano. I nove miliardi per la sanità non piacciono a nessuno. La quota di risorse del Recovery destinata a ospedali e ricerca potrebbe crescer e le cifre associate agli altri capitoli (digitalizzazione 48,7 miliardi, ambiente 74,3 miliardi, infrastrutture 27,7, istruzione 19,2, parità di genere 17,1) cambiare.

L'assalto alla diligenza - osservava ieri una fonte di maggioranza - è precluso dal fatto che le aree di intervento sono previste dalle linee guida varate dall'Ue.

La task force che il premier Conte continua a volere, anche se depotenziata, non è una garanzia che i 209 miliardi italiani del Recovery verranno spesi bene.

E questo anche a Bruxelles lo sanno bene.

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