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Il referendum spaventa i mercati E Morgan Stanley tifa per il premier

Il referendum spaventa i mercati E Morgan Stanley  tifa per il premier

Gli analisti di Morgan Stanley lo hanno già battezzato il «Renzirendum». Ovvero il referendum costituzionale dal cui esito dipenderanno le sorti del governo e che sta spaventando mercati e investitori. Perché sulla consultazione popolare d'autunno si giocherà la stabilità del nostro Paese con effetti imprevedibili in Europa.

In una nota diffusa agli investitori istituzionali, i broker americani fanno alcune riflessioni sui rischi in caso di sconfitta del «Sì» che i sondaggi più recenti danno leggermente indietro. Ma anche basandosi sull'affluenza ai referendum passati la vittoria di Renzi appare tutt'altro che scontata. Ad essere determinanti saranno dunque gli indecisi, la cui percentuale è a oggi altissima. Nella nota si azzardano anche alcuni suggerimenti per il premier che dovrebbe «trasformare il referendum in un problema per il futuro in Italia, convincere almeno un altro grande partito a sostenere la riforma, e migliorare notevolmente la sua popolarità». Di qui il tormentone di «Renzirendum» che spopola ormai come quello sulla Brexit di qualche mese fa.

È questo il «sentiment», così lo chiamano gli addetti ai lavori, della comunità finanziaria che già nella caldissima estate dello spread del 2011 ebbe un ruolo cruciale per il nostro Paese. Nelle sale operative il timore è che sia in arrivo nei prossimi mesi una nuova ondata di turbolenze sui mercati. Secondo i dati di Bloomberg il prezzo delle opzioni per proteggersi contro la volatilità dei prezzi nei prossimi tre mesi è salito ai massimi dal 2013 se raffrontato con le opzioni per proteggersi contro la volatilità a un mese, evidenziando un allargamento dello «spread» per le protezioni che si estendono in prossimità della possibile data del referendum. Il colosso americano sottolinea che mentre gli altri listini europei si sono ripresi dallo shock della Brexit, a Piazza affari resta ancora molta strada da fare. Il listino milanese ha perso il 22,8% da inizio anno (ieri un altro 1,58%), più del doppio di Madrid (-10,5%), la seconda peggior Borsa in Europa, appesantito dal crollo dei titoli bancari che restano ancora alle prese con lo smaltimento di 360 miliardi di euro di crediti deteriorati.

Bloomberg ricorda anche uno studio di Citigroup dello scorso luglio che bollava il referendum costituzionale come il principale rischio per la politica europea al di fuori della Gran Bretagna e cita un gestore di Old Mutual Global Investors, Kevin Lilley, che ha tagliato la sua esposizione al mercato azionario italiano a causa del rischio legato all'esito della consultazione. «L'Italia è stata così venduta nell'ultimo anno a causa dell'incertezza politica» ha detto Lilley. Se vincessero i Sì «sarebbe una cosa molto buona» perché «si semplifica il processo decisionale.

Sfortunatamente - ha aggiunto - il presidente del Consiglio ha legato il suo futuro al risultato e i problemi delle banche sono ancora sullo sfondo».

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