Quand'era ministro dello Sviluppo economico nel secondo governo di Romano Prodi, Pier Luigi Bersani regalò alla sua segretaria Zoia Veronesi 30mila euro. Tra compagni si usa così: lavori per il capo? Hai bisogno di un rimborso spese? Paga lui, di tasca sua, con un bell'assegno tracciabile in modo che il compagno Visco non abbia nulla da dire. E perché paga Bersani invece che il ministero per il quale lavoravano lui e la sua segretaria? Come ha avuto quella somma che farebbe la gioia di tanti italiani che tirano la carretta? E la signora Veronesi, li avrà regolarmente denunciati pagandoci le tasse? Ci sono scontrini, fatture, giustificativi?
Le domande fioccano nel leggere le motivazioni della sentenza del gup di Bologna Letizio Magliaro che, lo scorso luglio, ha assolto Zoia Veronesi dall'accusa di truffa aggravata in concorso con Bruno Solaroli, ex capo di gabinetto di Bersani quand'era presidente della regione Emilia Romagna. Zoia Veronesi è la storica segretaria dell'ex leader Pd. Quando Bersani andò al governo (1996-2001 e poi 2006-2008), la signora prese aspettativa dalla Regione per seguire il ministro. Tuttavia dopo la sconfitta elettorale ella non tornò a Bologna, ma rimase a Roma fino al 2010 dove la Regione, nonostante avesse da anni un ufficio di rappresentanza, l'aveva lasciata come «raccordo con il Parlamento».
Il sospetto della procura di Bologna era che quell'incarico fosse fittizio perché Veronesi in realtà lavorava per Bersani stipendiata dalla regione (140mila euro in due anni). Da qui l'accusa di truffa. Il gup non nega che Zoia Veronesi fosse l'ombra del leader: la signora infatti si è «relazionata alle attività poste in essere dall'onorevole Bersani e dal partito di riferimento» ma lo ha fatto «in termini di contributo volontario e nel tempo libero» senza incompatibilità «con lo svolgimento dell'attività lavorativa a lei richiesta».
Ma dalle motivazioni spunta questa sommetta versata nel 2007 mentre Zoia Veronesi lavorava al ministero in aspettativa dalla regione. «La Veronesi - scrive il gup - ha giustificato tale assegno spiegando che si trattava di una somma regalatale dall'uomo politico a ristoro delle spese sostenute negli anni in cui aveva lavorato precedentemente a Roma» come segretaria del ministro.
Ci sono riscontri per confermare che sia stato proprio un rimborso spese? Il gup ammette che è impossibile «affermare con certezza a che titolo la somma sia stata corrisposta all'imputata, non potendosi peraltro escludere che fosse volta a coprire effettivamente spese ulteriori sopportate dalla Veronesi nel periodo in cui aveva svolto funzioni da segretaria dell'on. Bersani».
Non può affermarlo, ma neppure escluderlo. E vuoi che la brava signora Zoia non fosse riconoscente verso un tale benefattore e non lavorasse per lui come «contributo volontario» e «nel tempo libero» come alla festa dell'Unità?
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