Mondo

Regeni, lo schiaffo a Macron. Restituita la Legion d'Onore

Gesto simbolico di Augias, in polemica per lo stesso tributo assegnato anche al presidente egiziano Al Sisi

Regeni, lo schiaffo a Macron. Restituita la Legion d'Onore

Lo definisce un gesto «sentimentale». Ma la scelta di Corrado Augias di restituire la Legion d'Onore, la più alta onorificenza francese ricevuta nel 2007, diventa un grimaldello intellettuale: anzitutto per provare a smuovere la politica d'Oltralpe, che la scorsa settimana ha oliato i rapporti con l'Egitto preservandone affari e commesse anche a scapito dei diritti umani. Proprio mentre dalla procura di Roma filtravano i dettagli delle torture inflitte in Egitto all'italiano Giulio Regeni, Emmanuel Macron insigniva infatti il presidente egiziano Al Sisi della Legion d'Onore. Oggi Augias rispedirà la sua al mittente. «Andrò all'ambasciata con la mia lettera e la scatolina, la darò alla segreteria dell'ambasciatore e me ne vado».

I modi eleganti del giornalista, con una famiglia di origini francesi e un passato da eurodeputato Pds, servono anche a scardinare certe coscienze nel governo italiano, che tentennano quando si tratta di chiedere giustizia per Giulio Regeni. Vedi il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, secondo cui si poteva bloccare l'intesa di Fincantieri con Il Cairo ma «prima dobbiamo coordinarci con l'Europa». Il ricercatore di stanza a Cambridge era al Cairo per una tesi sui sindacati, quando è scomparso il 25 gennaio 2016. Oggi è al centro dell'azione di Augias.

Le ragioni dell'illustre «reso»? «Macron ha fatto una cosa ingiusta, non avrebbe dovuto concedere la Legion d'Onore a un capo di Stato che si è reso complice di efferati criminali - spiega il giornalista in una lettera a Repubblica - Lo dico per la memoria dello sventurato Regeni, ma anche per la Francia, per l'importanza che quel riconoscimento rappresenta. Quando il primo console Napoleone la istituì, voleva certificare un merito, militare o sociale. Quali sono i meriti di Al-Sisi?».

«La Francia è in prima linea per i diritti umani e non fa compromessi», è la risposta piccata su Twitter dell'ambasciatore francese a Roma Christian Masset; mentre Oltralpe si sfiorano le 25mila interazioni per l'hashtag #Legion, con tv e siti costretti a parlarne. Pur esprimendo «grande rispetto» per Augias, il diplomatico di stanza a Palazzo Farnese spiega però che «più casi sono stati discussi nella visita» di Al Sisi a Parigi, «nel modo più adeguato per più efficacia». Replica sibillina al j'accuse dell'intellettuale. Augias prova a leggere tra le righe: «Nei cassetti della diplomazia forse Macron ha messo anche un cassetto riservato alla memoria di Regeni, se così fosse sarò disposto a rivedere il giudizio». Finora, la linea dell'Eliseo è stata di rigidissima realpolitik, con cerimonia nascosta per evitare polemiche.

In pubblico Macron non ha detto una parola neppure sullo studente di Bologna Patrick Zaki a cui era stato prolungato l'arresto preventivo di 45 giorni. Dopo la tre giorni di Al Sisi (fasti e tappeti rossi oscurati finché dai media egiziani non è spuntato il video della «Legione della vergogna») il tema raggiunge Montecitorio grazie ad Augias. Per il presidente della commissione Esteri Piero Fassino bisogna «chiedere al governo francese di sostenerci nella richiesta di piena verità sull'assassinio di Regeni». La procura di Roma ha chiuso l'inchiesta: quattro 007 egiziani a processo per sequestro di persona pluriaggravato, concorso in lesioni personali e omicidio. Per i pm, «Giulio è stato seviziato per giorni con lame e bastoni». Prime verità dopo omissioni e menzogne del Cairo. La famiglia chiede al governo di ritirare l'ambasciatore. Il presidente della Camera Roberto Fico conferma l'interruzione dei rapporti diplomatici fra la Camera e il Parlamento egiziano. Ma è lo stesso Augias a frenare: «So cosa c'è in ballo, da una parte la difesa di un giovane ucciso in modo barbaro, dall'altra interessi nazionali enormi in quell'area.

Un'alternativa del diavolo - dice - Se non facciamo niente, facciamo male per ragioni di dignità nazionale e umanitarie, se prendessimo una decisione drastica faremmo male comunque, perché se un giorno le aziende italiane dovessero uscire da quell'area, tempo 48 ore, sarebbero rimpiazzate da aziende di altri Stati».

Commenti