Elezioni Regionali 2020

I 5S hanno paura di perdere: ​"paracadute" per tutti i candidati

In tutte le Regioni al voto, esclusa la Toscana, i candidati governatori del M5s sono presenti nelle liste per i consigli. L’attivismo di Di Maio per il referendum

I 5S hanno paura di perdere: ​"paracadute" per tutti i  candidati

La possibilità che il M5s alle Regionali di settembre vada incontro ad un disastro elettorale, l’ennesimo nel giro di poco più di un anno, esiste ed è forte. Difficilmente i pentastellati riusciranno a conquistare un governatore. Anche in Liguria, terra natia di Beppe Grillo, ci sono forti dubbi sulla tenuta del Movimento. Non lo si dice apertamente ma in casa 5s ci si consolerebbe se si riuscisse a raggiungere un risultato a due cifre in tutte le regioni chiamate al voto. Impresa ardua anche questa, visto che in Veneto gli ultimi sondaggi resi pubblici sono per nulla incoraggianti.

I pentastellati sono consapevoli che la tornata elettorale potrebbe provocare un colpo durissimo ad Movimento in pena crisi di identità. Ma almeno chi può è riuscito a procurarsi quello che si definisce un "paracadute". In quasi tutte le Regioni dove andranno da soli, i grillini si sono cautelati con una doppia candidatura: chi aspira alla poltrona di governatore, infatti, è stato inserito in lista anche per i consigli regionali. È accaduto in Puglia dove Antonella Laricchia risulta in testa alla lista di Bari. Lo stesso è accaduto in Campania, con l'aspirante governatrice Valeria Ciarambino che figura come capolista a Napoli e nelle Marche dove Gian Mario Mercorelli compare nella lista di Macerata. Situazione simile nel Veneto, con Enrico Cappelletti ha un posto fra i candidati al consiglio di Treviso.

Discorso diverso in Toscana: qui Irene Galletti è solo candidata governatore. Ma c’è un perché. Nella storica Regione rossa la legge elettorale prevede che entrino nel consiglio tutti gli sconfitti nella corsa a governatore, a patto che rappresentino una lista che ha raggiunto almeno il 5%.

La mossa dei pentastellati è sì lecita ma infonde un brutto segnale a militanti ed elettorato. Così facendo, infatti, gli esponenti del M5s dimostrano di essere pronti alla sconfitta. Eventuali ripercussioni poi ricadranno sui vertici ma almeno una poltrona per i candidati governatori è salva. Poi dipende da come e quanto si perderà. In caso di batosta non si può escludere qualche ricaduta sulla tenuta del governo. Anche se poi proprio una pesante sconfitta potrebbe paradossalmente rinsaldare l’esecutivo: per i grillini far cadere Conte per andare al voto sarebbe un suicidio politico.

Proprio perché la sconfitta appare certa, tra i vertici pentastellati si sta puntando molto sul referendum sul taglio dei parlamentari. Questo, almeno, è un tema che fa riacquistare ai grillini quell’aurea di "antisistema" che hanno smarrito. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, è particolarmente attivo su questo fronte tanto che ha organizzato in Campania numerosi incontri proprio per spingere il Sì. Ma il suo obiettivo è un altro. Con la vittoria al referendum, Di Maio conta di rilanciarsi in vista degli Stati generali.

Per fare cosa, non si sa. Alleanza organicadel M5s con il Pd?

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