Gli «scricchiolii» possono essere un utile segnale d'allarme, per correre ai ripari prima che i patti si rompano.
È questo il senso dei messaggi insistenti, e accompagnati da qualche segnale assai concreto (vedi il voto sulla Consulta, e la decisione di far partire martedì in commissione al Senato l'esame dell'Italicum), che Matteo Renzi sta inviando all'indirizzo di Palazzo Grazioli: occorre che il Cavaliere riprenda in mano con decisione il patto del Nazareno, altrimenti le cose possono prendere direzioni inaspettate, e poco rassicuranti per Silvio Berlusconi. «Io vado avanti comunque sulla legge elettorale, e se Berlusconi non si decide sarà lui a far tornare irresponsabilmente in gioco Beppe Grillo». Non che il premier pensi davvero che la trattativa con l'ex comico urlatore e i suoi parlamentari etero-diretti dalla Casaleggio & associati sia un'alternativa salda e affidabile all'intesa istituzionale con Forza Italia, che oltretutto è la garanzia, per Renzi, di non restare vittima dell'ostruzionismo che si scatenerà in casa Pd contro la legge elettorale, terreno di guerra per la minoranza interna. «Ma non è Grillo l'unica opzione», assicura. Ce n'è una più semplice: «Ci sono ampi margini di trattativa con i partiti minori, basta abbassare le soglie di accesso al Parlamento per far tornare in gioco Sel e la Lega, oltre a Ncd». Quella soglia che, per accontentare Berlusconi era stata ipotizzata al 5% potrebbe scendere al 3%. E anche se Calderoli e Salvini ufficialmente negano di voler «inciuciare» con Renzi e tuonano che «della legge elettorale non ci frega niente», anche la Lega è pronta a trattare su regole più funzionali ai suoi bisogni.
E poi c'è la via dello scouting parlamentare al Senato, dove c'è un folto numero di ex grillini (sono ben 14 quelli espulsi o fuoriusciti) in cerca di futuro politico. Ma è tutto il mondo a Cinque Stelle, secondo i renziani, a essere potenzialmente permeabile di fronte all'offerta di una legge elettorale appetibile: «I voti dei grillini me li andrò a prendere uno per uno», è la promessa di Renzi.
Perché una cosa è certa, e il capo del governo lo sottolinea a tutti gli ambasciatori: il tempo dei rinvii e delle attese è finito, il premier ha avuto pazienza e si è concentrato su molte altre priorità, ma non vuole arrivare all'anno prossimo ostaggio della «palude» e senza l'arma carica della nuova legge elettorale. Anche perché, fanno notare nel suo entourage, «l'Italia è l'unico paese del mondo civilizzato che va avanti da mesi senza una legge elettorale democraticamente votata», a parte il pastrocchio super-proporzionale cucinato dalla Corte Costituzionale, che regalerebbe al paese l'ingovernabilità perpetua. Una situazione ai limiti della «anomalia democratica», dicono i renziani. E allora, dopo otto mesi di parcheggio al Senato, è ora che l'Italicum riparta di gran carriera e venga approvato.
E Renzi il patto del Nazareno lo difende: «Ho letto di tutto, ma è un accordo che porta nel luogo delle decisioni anche soggetti politici che stanno all'opposizione, perché le regole del gioco si scrivono insieme». Con l'Italicum «c'è uno che vince ed è il responsabile di quel che si fa o non si fa, e si riduce il potere di ricatto dei piccoli partiti».
Lunedì, intanto, è convocato un vertice di maggioranza per calmare le acque e rassicurare Ncd, che con Maurizio
Sacconi avverte che «maggioranze spurie» con M5S non saranno tollerate. Ma a Palazzo Chigi sono certi che l'unico cruccio alfaniano sia l'Italicum, e quella vertiginosa soglia del 5%, e sono pronti ad offrire rassicurazioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.