Tra un Checco Zalone e una Laura Pausini, stasera nel salottino tv super pop di Fabio Fazio spunterà un sobrio signore in grisaglia. Di nome fa Ignazio Visco, di mestiere il governatore della Banca d'Italia ed è la prima volta che mette piede in un talk show: un evento, insomma. E infatti dalle parti di Palazzo Chigi la cosa non è passata inosservata, e si attende con una certa ansia di sentire cosa dirà il governatore. Il quale si è sottoposto alla inconsueta performance per una ragione evidente: dopo giorni di scontro sotterraneo con il governo sulla questione della vigilanza (o mancata tale) sulla vicenda dei quattro istituti di credito falliti, con il premier che ha platealmente bypassato Palazzo Koch per affidare la pratica degli obbligazionisti all'Anac di Cantone, Visco rompe l'assedio e va in tv a difendere le ragioni di Bankitalia. E anche se i toni saranno prevedibilmente ovattati e diplomatici, una risposta al governo arriverà.La tensione con Bankitalia è uno dei tanti segnali di una fine d'anno di segno assai meno smagliante per il governo Renzi. Un anno esatto fa, il premier stava portando baldanzosamente a casa il Jobs Act e si accingeva ad eleggere Sergio Mattarella al Quirinale, operazione acclamata come «capolavoro politico». Il tramonto del 2015 invece, nonostante i numerosi risultati che il governo è riuscito ad incassare anche contro ogni previsione (si pensi alla riforma costituzionale, su cui fino a qualche mese fa nessuno scommetteva un soldo e che invece è ormai in dirittura d'arrivo), porta con sé molte criticità. A cominciare dai rapporti incrinati con una serie di istituzioni e di poteri che, se coalizzassero le forze e avessero un cavallo alternativo su cui puntare, potrebbero mettere il governo sotto pressione. In assenza del cavallo, resta la tensione.Con Bankitalia i rapporti di Renzi non sono mai stati cordiali, anzi sono praticamente inesistenti. Il ministro Padoan ha buone relazioni con Visco, ma da Palazzo Chigi non sono mai stati aperti canali diplomatici diretti. Con Mario Draghi non c'è maggiore cordialità. Nessun segnale diretto da Francoforte in tutta la vicenda banche, ma quelli trasversali non sono rassicuranti: l'allarme sull'aumento dei deficit strutturali (Italia ovviamente inclusa), la segnalazione dello scarso impatto del Jobs Act sull'aumento reale dell'occupazione.In Europa Renzi soffre un cronico deficit di rappresentanza nelle istituzioni. Con Federica Mogherini i rapporti sono pessimi: lei e il premier in pratica non si parlano più e i commenti che si raccolgono nel Pd sono feroci: «Nessuno se la fila, nella Ue, ma lei si è messa in testa di essere una statista e non la miracolata che è». Sui dossier che contano, a cominciare da quelli economici, la presenza di Lady Pesc nella Commissione si è rivelata del tutto inutile per il governo: «Non ne capisce nulla, e non se ne occupa», spiegano.All'ultima Leopolda saltava agli occhi l'assenza di nomi di spicco della finanza e dell'impresa non legata allo Stato. Nell'editoria, il Corriere della Sera, dopo un breve interludio, è tornato a picchiare: giusto ieri, tra editoriale acidamente sentenzioso e sondaggi foschi per il governo, la prima pagina era decisamente anti-renziana.
Al premier non resta che sperare nella nuova stagione di Repubblica, quando alla sua guida arriverà Mario Calabresi e il giornale di Largo Fochetti smetterà - forse - «di essere un bollettino della minoranza Pd», come dicono acidamente in casa renziana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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