Renzi all'assalto del Pd: si candida in Toscana per levare voti all'alleato

La tentazione: capolista nella sua Firenze. E in Puglia Iv correrà contro il dem Emiliano

Renzi all'assalto del Pd: si candida in Toscana per levare voti all'alleato

La partita della giustizia rimane aperta, e Matteo Renzi promette di continuare a incalzare un Pd in difficoltà sulla prescrizione. «Era facile per loro dire no alla proposta Costa, perché veniva da Forza Italia. Ma dire no ai nostri emendamenti anti-Bonafede sarà assai più complicato», spiegano da Italia viva.

Ma intanto il leader (alla vigilia della prima assemblea nazionale del suo partito, nel weekend a Roma) prepara la sfida nelle prossime elezioni regionali. Ha già selezionato i due terreni di gioco: la «sua» Toscana, dove pensa di candidarsi come capolista di Iv per fare il pieno di voti in appoggio al candidato governatore Giani, e la Puglia. Dove invece è deciso ad ostacolare la riconferma dell'uscente Pd: «In Puglia ci saremo, e saremo contro Michele Emiliano», assicura.

Due spine nel fianco per il Nazareno, che nella prossima tornata partirà da uno scomodo 4 a 2 (oggi Campania, Puglia, Toscana e Marche sono del centrosinistra mentre Veneto e Liguria sono governate dal centrodestra) e dovrà combattere parecchio per arrivare almeno ad un pareggio.

In Toscana, l'ex sindaco di Firenze può contare su un solido zoccolo duro di consensi, e intende farne tesoro nel debutto elettorale di Italia viva: «Puntiamo a un risultato a due cifre», dicono i renziani. Renzi medesimo potrebbe essere il capolista nell'area fiorentina, e starebbe già organizzando una capillare campagna elettorale in camper, come nella emozionante gara delle primarie del 2012. Eugenio Giani, l'aspirante governatore, è un ex renziano rimasto nel Pd, scelto come candidato con l'appoggio determinante dell'ex premier. Per dargli una mano, e non sottrarre a Italia viva consensi preziosi, sarebbe pronto a rinunciare a presentare una «lista del presidente», come quella che in Emilia ha portato quasi il 6% dei voti a Bonaccini. E proprio per questo il Pd non ci sta, e spinge perché la lista venga presentata: «Io sono assolutamente favorevole, allarga i consensi e certo non leva voti al Pd», dice la segretaria regionale Simona Bonafé: sottinteso, se mai li leva a Renzi. Cosa che al Nazareno non dispiacerebbe affatto: il timore è che, con un buon risultato personale in carniere, l'ex premier si annetta l'eventuale vittoria nella seconda «regione rossa».

E determinante Italia viva rischia di esserlo anche in Puglia: stavolta, per la sconfitta di Emiliano. Il governatore uscente, che già non è riuscito a convincere i grillini ad appoggiarlo e che arriva al voto col fiatone e con un bilancio politico disastroso per la sua Regione, è talmente spaventato dall'ipotesi che Iv, insieme a Calenda e Più Europa, presenti un candidato alternativo, che ha tentato di blandire in tutti i modi l'ex arcinemico Renzi. Che non ha ancora rinunciato a convincere la ministra Teresa Bellanova a giocare la partita. Diventare determinante per la vittoria in Toscana, e per la sconfitta del candidato pugliese «emblema della resa culturale al grillismo, dalla xylella all'Ilva alla Banca popolare di Bari»: è la carta che consentirebbe a Renzi, dopo la scissione, di rilanciare il proprio ruolo nazionale.

Intanto, sul fronte Pd, Zingaretti ha riaperto i canali di dialogo diretto con Beppe Grillo in vista delle Regionali: i due, con l'avallo del premier Conte, stanno lavorando per fare della Liguria (e forse della Campania) il laboratorio di un patto elettorale tra i dem e M5s. A Genova si parla del giornalista del Fatto Ferruccio Sansa come possibile candidato comune, ma il vero nome sarebbe quello di Aristide Massardo, professore di Ingegneria all'Università di Genova, e aspirante sfidante di Giovanni Toti.

Alla trattativa con Grillo, in nome di un «Pd aperto, che spalanchi le porte alla società e ai movimenti», ha già dato la sua benedizione Romano Prodi, che guarda con grande interesse alla formazione di un asse solido tra Pd e grillini, numericamente in grado di portarlo al Quirinale. Cui, ovviamente, giura di non essere interessato.

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