Renzi: cambiamo l'Italicum Ma la fronda Pd non ci sta

Muro dei bersaniani: legge elettorale? Non fa sul serio A Napoli il premier si becca una nuova contestazione

Laura Cesaretti

Roma Ho sparecchiato dal tavolo gli alibi per il no al referendum», dice Matteo Renzi. Quello della «personalizzazione», quello delle elezioni anticipate, ora quello dell'Italicum: «Abbiamo dato la disponibilità a cambiare la legge elettorale e siamo pronti a confrontarci in modo libero con tutti», ripete.

Le opposizioni, anche quelle più critiche sull'Italicum, ora respingono al mittente l'offerta di discutere eventuali modifiche, condendo il rifiuto di improperi contro il premier: «È schizofrenico», dice il grillino Luigi Di Maio. «È un baro, è alla canna del gas», gli fa eco Renato Brunetta da Forza Italia. Opposizioni che non si sono stracciate le vesti per le contestazioni contro il premier che si sono registrate ieri a Napoli, dove le forze dell'ordine hanno impedito a manganellate a un gruppetto di manifestanti che cercava di raggiungere il teatro San Carlo dove era atteso il premier.

Quanto alla minoranza Pd, che da mesi minacciava: «O Renzi cambia l'Italicum, o votiamo no», ora che la disponibilità a discuterne è arrivata fanno dietrofront: «Non sono vere aperture, così si va a sbattere», mugugna il bersaniano Federico Fornaro. La fronda interna è irritata con il premier che non li ha blanditi nel suo intervento alla Festa dell'Unità di Catania e anzi li ha schiacciati sulle posizioni oltranziste di Massimo D'Alema, accusandoli di alimentare una «lotta nel fango» dentro il Pd. Ma le posizioni della minoranza sono l'ultima delle preoccupazioni di Renzi, convinto che la base elettorale del Pd sia per il Sì e non sopporti la guerriglia continua dei bersaniani: «Non sono in grado di proporre nulla, perché non si mettono d'accordo neppure tra loro. Se io sostengo le preferenze, loro vogliono i collegi. Se ora proponessi i collegi, direbbero che vogliono le preferenze», ironizza in privato. «Hanno perfino puntato sulla vittoria dei Cinque Stelle a Roma per mettere in difficoltà me: con che bel risultato ora lo vedono tutti».

Il problema del premier è di recuperare consensi pro-referendum nell'elettorato grillino e in quello del centrodestra. Di qui l'offensiva di dialogo sull'Italicum, e di qui il «niet delle opposizioni, che lasciano cadere le avance. In casa renziana, dove cresce l'allarme per la possibile bocciatura della Consulta, assicurano che si andrà avanti lo stesso, e che il governo darà impulso a quella «ricognizione politica» suggerita da Napolitano, per spingere tutti a mettere le carte in tavola, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale. Nella convinzione, però, che i cardini dell'Italicum (premio di maggioranza e ballottaggio) restino gli unici in grado di garantire la governabilità, e che sia difficilissimo trovare i numeri per un nuovo impianto elettorale.

L'unica modifica che potrebbe mettere d'accordo buona parte del Parlamento potrebbe essere, come spiega realisticamente il renziano Roberto Giachetti, quella che sposta «il premio di maggioranza dalla lista alla coalizione. Tutti, sinistra, destra e minoranza Pd, ad eccezione dei 5 Stelle, potrebbero essere d'accordo».

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