La giornata di Matteo Renzi è iniziata ieri con un ceffone sonoro assestato a Giggino De Magistris, detto 'o sindaco (di Napoli), a pochi giorni dalle elezioni amministrative. In mattinata a Palazzo Chigi, alla cerimonia per la firma del protocollo di vigilanza sulle procedure per la bonifica delle aree di Bagnoli, c'erano tutti tranne lui: il commissario di Bagnoli Salvo Nastasi (nominato dal premier e odiato da Giggino), il presidente dell'Anac Raffaele Cantone e l'ad di Invitalia Domenico Arcuri. Un palese commissariamento dell'amministrazione partenopea, motivato (come già spiegò Renzi all'atto della nomina di Nastasi) dal ventennale immobilismo di tutte le giunte, De Magistris in testa, sul caso Bagnoli. «Se quelli che devono fare le cose, a cominciare da alcuni enti locali, non le fanno toccherà a noi, con il commissario e usando le procedure più all'avanguardia sul fronte della trasparenza», ha detto il premier. Spiegando poi: «Siamo a Palazzo Chigi e non a Napoli per evitare polemiche su evidenti responsabilità».
Il sindaco reagisce furiosamente, da par suo: «Le parole di Renzi sono gravissime, scorrette e false e per di più registriamo un ulteriore intervento del premier a poco più di sette giorni dal voto». Del resto, quando un mese fa il premier andò a Napoli ad inaugurare la «cabina di regia» su Bagnoli, De Magistris la disertò mentre i suoi assessori scendevano in piazza alla testa di una manifestazione di ultrà e centri sociali che misero a ferro e fuoco la città e spedirono 14 poliziotti in ospedale. Lo schiaffo di ieri accende ancor di più la guerra, e proprio alla vigilia del voto.
Il premier non risparmia neppure i Cinque Stelle e, intervistato da repubblica.it, ironizza sui metodi «padronali» di M5s, con uno spot per il suo candidato a Roma contro la grillina Raggi: «Ieri Giachetti ha presentato la sua lista degli assessori. Io l'ho scoperta su Facebook. Non gliel'ha mandata lo staff di Matteo Renzi. È l'esatto opposto di chi firma un contratto della Casaleggio come fosse un co.co.pro. Io se fossi un cittadino sceglierei una persona libera, non un co.co.pro di un'azienda milanese». Poi Renzi affonda sul referendum di ottobre: certo, i parlamentari di Lega e Grillo sono contro la riforma «e li capisco, rischiano il posto e son terrorizzati di dover tornare a lavorare». Ma i loro elettori, assicura il premier, «dovendo scegliere tra un sistema bloccato e una rivoluzione, voteranno sì». Quanto all'Anpi e ai suoi adepti, Matteo Renzi cerca di smorzare definitivamente le polemiche sempre più surreali di questi giorni: «Io ci credo nell'Anpi, mi sono emozionato quando ho visto che ci sono partigiani che votano Sì. Chi vota No lo rispettiamo». Nel frattempo però il comitato centrale di Anpi emette un arcigno comunicato per lamentare «la inaccettabile campagna contro l'associazione, tentando discriminazioni tra partigiani» e respinge «i vergognosi avvicinamenti ad organizzazioni di stampo fascista», che sono schierate con Anpi nel comitato per il «No».
E Bersani apre l'ennesimo fronte anti-Renzi, sdegnandosi per il fatto che il premier abbia esplicitamente ringraziato Denis Verdini per il suo voto a favore delle unioni civili. L'ex capo della Ditta tuona: «Ricordo a Renzi che io non ho voluto fare, come avrei potuto, il governo con Berlusconi e Verdini». Infatti lo fece fare a Enrico Letta.
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