Roma - «Stavolta serve la massima unità, non deve succedere quel che è accaduto nel 2013». Ai suoi parlamentari, riuniti al Nazareno con alcuni ministri (Franceschini, Boschi, Poletti e anche il non iscritto Pd Padoan) e la segreteria per un brindisi di auguri natalizi, Matteo Renzi manda un messaggio chiaro in vista del voto per il Quirinale, indirizzato innanzitutto alla minoranza: «Stavolta la responsabilità è tutta nelle mani del Pd, che ha 460 grandi elettori, e il Pd deve mostrarsi all'altezza». Del resto, domenica sera a Che tempo che fa il premier già aveva lanciato un segnale ai potenziali frondisti del suo partito: «Nessuno deve mettere veti, neppure il Pd». Se si troverà un'intesa su un nome condiviso con la parte dialogante dell'opposizione (leggi il Cavaliere) non può essere un pezzo di Pd a farla saltare. Renzi sa bene che una parte dei suoi sogna di usare il Colle per indebolirlo. Raccontano i ben informati che nei giorni scorsi D'Alema abbia chiesto un colloquio a Napolitano per comunicargli le proprie preoccupazioni: non si può «lasciar gestire» una partita così delicata, sulla massima istituzione della Repubblica, al solo Renzi, su cui in privato l'ex premier esprime giudizi assai ostili: «Un pericoloso autocrate». Non si conosce la risposta di Napolitano, ma da quel che ultimamente dice in pubblico sul premier è difficile che sia stato d'accordo.
Dal canto suo, Silvio Berlusconi si è mostrato ieri assai aperturista: non solo ha affermato che non metterà pregiudiziali su eventuali candidati del Pd (del resto il Cavaliere sa che per Renzi avere un candidato del suo partito non è una priorità), ma ha anche chiamato uno per uno i suoi dissidenti meno militarizzati nel gruppo fittiano per invitarli a non promuovere iniziative avventuriste nella partita per il Colle.
Il premier sa bene che dalla ripresa post-vacanze lo attende un sentiero di guerra, ed è deciso a muovere un passo alla volta: le prime settimane di gennaio, avverte, saranno «decisive»: prima ancora delle dimissioni di Giorgio Napolitano, c'è la legge elettorale da approvare al Senato. E ieri la relatrice Anna Finocchiaro, di passaggio a Montecitorio, si mostrava assai ottimista nonostante l'ostruzionismo delle opposizioni: «Con un paio di aggiustamenti ce la possiamo fare, e con un accordo molto largo», assicura. Nel frattempo, prima del voto per il Colle anche la Camera sarà impegnata sulla riforma del Senato. Una ripresa impegnativa, che sarà solo l'antipasto del grande gioco che si aprirà al momento del voto per il nuovo presidente.
«Chi sarà? Difficile dirlo ora: ci
sono almeno 500 aspiranti», scherza Ugo Sposetti. E di certo, come spiega un renziano doc, «il premier ha in mente tanti nomi quanti sono gli schemi di gioco che immagina. Alla fine verrà eletto comunque un suo' candidato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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