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Gli Usa piombano sulla crisi: l'ultimo affondo di Renzi sul premier

Dopo l'assalto al Campidoglio, la posizione del premier Giuseppe Conte sui servizi si fa più debole. E Matteo Renzi ne approfitta: "Conte doveva essere più duro con Trump"

Gli Usa piombano sulla crisi: l'ultimo affondo di Renzi sul premier

Se con l'assalto al Campidoglio i sovranisti dovranno riflettere sul controverso epilogo di Donald Trump, nel (lungo) parterre degli sconfitti a livello internazionale c'è anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Era l'estate 2018 quando Politico, infatti, definiva il premier il "cheerleader italiano di Donald Trump". Come notava la testata americana, a differenza di altri leader europei, come la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro olandese Mark Rutte "che hanno usato le loro conferenze stampa con Trump per evidenziare i disaccordi politici", Conte "ha applaudito Trump che rivendicava grandi trionfi, dal G7 in Quebec, al Summit Nato e fino al vertice con il presidente russo Vladimir Putin a Helsinki", ha sottolineato David M. Herszenhorn.

Su questo punto, la posizione di Giuseppe Conte ora si fa ancora più debole e Italia Viva va all'attacco. "Quanto accaduto in Usa ieri rappresenta una ferita profonda alla democrazia. Trump ha dimostrato nei fatti come il populismo abbia come diretta conseguenza solo caos e violenza. Mi aspettavo che il Presidente del Consiglio Conte prendesse le distanze, visti i suoi trascorsi di reciproca amicizia e endorsement espliciti, dall’ormai ex Presidente Usa e riconoscesse l’errore. Lo ha fatto nettamente Angela Merkel, a maggior ragione avrebbe dovuto farlo il Premier" ha sottolineato in una nota il deputato di Italia Viva Davide Bendinelli. La partita, come riporta l'Huffpost, riguarda, in particolare, la delega ai servizi. "Bisogna fare chiarezza sulla visita di William Barr in Italia" spiega Matteo Renzi parlando con i suoi collaboratori, aprendo un altro fronte nella crisi politica che ha investito il governo nelle ultime settimane. In serata lo stesso Renzi ha rincarato la dose, ospite del Tg2: "Conte doveva condannare più duramente Trump? Credo che abbia ragione Teresa Bellanova. Bisogna essere chiari: quando c'è una ferita alla democrazia, si sta tutti dalla parte della democrazia. Non si può immaginare che se uno è amico di Trump, poi non dice parole chiare" ha affermato l'ex premier.

"Oggi più che mai - spiega un colonnello di Iv all'Huffpost - è necessario che Conte lasci quella delega, come sempre è successo con i governiprecedenti. Serve un uomo diverso a capo dei Servizi anche per fare luce sui fatti di quell’estate”. Tutto comincia, come riportato da InsideOver, il 17 giugno 2019, con la lettera inoltrata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte dall’ambasciatore a Washington Armando Varricchio su richiesta dell’Attorney general William Barr nella quale si chiede di "verificare il ruolo svolto da personale Usa in servizio in Italia senza voler mettere in discussione l’operato delle autorità italiane e l’eccellente collaborazione".

Lettera a cui seguono due colloqui tra i vertici dei nostri servizi e William Barr e John Durham, autorizzati in prima persona dal premier, quelli del 15 agosto e del 27 settembre 2019: al primo partecipò solo Vecchione, mentre al secondo presenziarono anche Luciano Carta e Marco Parente. Non c’è stato alcun passaggio attraverso la Farnesina, il canale è stato diretto e il premier ha autorizzato ai colloqui il capo del Dis Gennaro Vecchione. Secondo Fox News, l’indagine del procuratore John Durham "si è estesa" sulla base “di nuove prove” raccolte proprio a Roma. Il periodo preso in esame va dal 2016 – prima delle elezioni presidenziali di novembre – fino alla primavera del 2017, quando Robert Mueller viene nominato procuratore speciale per il Russiagate. Un lasso temporale che in Italia riguarderebbe i governi Renzi e Gentiloni. Accuse mosse contro Renzi in un suo possibile coinvolgimento nel complotto contro Donald Trump che furono formulate in un’intervista al quotidiano La Verità da George Papadopoulos, ex advisor del tycoon, subito respinte al mittente dallo stesso leader di Italia Viva con la minaccia di una querela milionaria e bollate come "fantasie”.

Per il leader di Italia Viva è ora che Conte molli la delega: basta ambiguità sui servizi, ora che anche Trump è archiviato.

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