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Renzi ostacola la verifica a rate. "La crisi di governo dipende da Conte"

Il leader Iv lancia la sfida sul Mes, domani il confronto. "Le nostre ministre pronte a lasciare, non perdo la faccia se scriveranno il piano gli amici degli amici". Manovra, ira Pd sui bonus 5s

Renzi ostacola la verifica a rate. "La crisi di governo dipende da Conte"

L'umore a Palazzo Chigi non era dei migliori, ieri. La mossa a sorpresa di Matteo Renzi, che di prima mattina ha fatto sapere che l'incontro previsto ieri con il premier saltava per gli impegni Ue della ministra Bellanova (nella foto), ha rialzato improvvisamente la tensione, culminata in serata con la sfida renziana: «Subito il Mes».

La manovra di accerchiamento tentata da Conte per isolare l'ex premier, con la sponda di Pd e M5s, e lasciargli il cerino della verifica, si inceppa. Renzi appare intenzionato a farlo ballare ancora sulla corda, e non è chiaro fino a quando, né quale possa essere il punto di caduta. A chi nelle ultime ore ha avuto contatti con lui, il presidente del Consiglio è apparso teso, «livido» verso il capo di Italia viva e soprattutto incerto: «Non sa dove andare a parare», confidano dal Pd. I fronti aperti si moltiplicano (ieri i dem facevano trapelare la propria ira verso il premier perché la legge di Bilancio, che va chiusa entro dicembre, è ancora bloccata in commissione per i capricci grillini sull'ecobonus sine die), i morti per Covid pure, la terza ondata è alle porte, il Recovery plan del governo non decolla e subisce bombardamenti preventivi come quello autorevolissimo di Mario Draghi. E al premier tocca pure subire la verifica a rate scandita da Renzi, mentre era convinto di averla già chiusa.

Al governo serve un «salto di qualità», dice il capo di Italia viva, e su questo «diremo la nostra al premier con un documento» che gli verrà recapitato domattina, durante il faccia a faccia rinviato. Le ministre renziane «sono pronte a rimettere il mandato», perché «non ci interessano rimpasti e poltrone: vogliamo parlare di politica e di Recovery fund». E soprattutto dell'emergenza sanitaria fuori controllo, con una contabilità dei morti che ci mette in testa ad ogni classifica: Renzi sfodera l'arma, temutissima da Conte, del Mes sanitario: «Davanti a 846 morti in un giorno non si può far finta di niente. Ci sono 36 miliardi che potrebbero andare subito a ospedali e medici, bloccati dal no ideologico di M5s e di Conte. È una follia». Su questo tema il Pd non può tirarsi indietro, e la pressione sul premier potrebbe farsi insopportabile. «A farlo cadere non ci penso neppure - giura Renzi - ma la palla sta a lui». E al Colle ricorda che le minacce di elezioni anticipate lasciano il tempo che trovano: «La Costituzione prevede che se c'è crisi si verifichi in Parlamento l'esistenza di una maggioranza». Del resto, confidano dal Pd, Conte è parso cadere dalle nuvole quando nel colloquio di lunedì Zingaretti gli ha fatto presente che «con il Rosatellum attuale stravince il centrodestra»: «Non lo aveva ancora capito», accusano.

Quindi in caso di crisi il pressing per evitare il voto con un altro governo sarà molto esteso. E ad alimentare gli incubi contiani ieri è caduta a fagiolo l'intervista a Mario Draghi, che avverte che prendere direzioni sbagliate sul Recovery Fund sarebbe il suicidio dell'Italia, subito elogiato da Renzi. «Anche al Colle - assicura un dirigente dem - sono sempre più dell'opinione che o c'è reale stabilità con questo governo, o il cambio sarà inevitabile. Che il voto sia impraticabile è chiaro a tutti: non sappiamo neppure se si riusciranno a tenere le elezioni comunali... E poi è sempre più difficile nascondere che il bilancio di questo governo è fallimentare, dalla gestione dell'emergenza all'ordinarietà».

Ad essere convinto del contrario resta Conte, certo.

Che assicura che la gestione del Recovery sarà parlamentarizzata, esclude un suo partito («Non è all'orizzonte») per tener buono il Pd e sfida la sorte, facendo sapere di avere «la valigia pronta, in qualsiasi momento».

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