Renzi pensa solo al Sì E la minoranza si placa

Tour de force tra Gottardo e Quirinale ma l'obiettivo è il referendum. Padoan avvisa: col no tutti a casa. Bersani aiuta Giachetti

Laura Cesaretti

Roma Alba in Svizzera, ad inaugurare il tunnel del San Gottardo (con Merkel e Hollande). Pomeriggio al Quirinale, per il ricevimento del 2 giugno. Prima serata all'Auditorium per dare la spinta finale alla campagna del candidato sindaco a Roma, Roberto Giachetti, il cui arrivo al ballottaggio sarebbe già un buon successo per un Pd disastrato come quello della Capitale. Seconda serata in tv, per chiudere con un'intervista in diretta l'ultima stagione della trasmissione Virus di Nicola Porro, proprio quella «epurata» dalla Rai dell'era renziana.

Tra un appuntamento e l'altro di questa frenetica fine di campagna elettorale, Matteo Renzi riesce ad occuparsi pure di referendum costituzionale - sempre in cima ai suoi pensieri - con un post su Facebook che celebra i successi del fronte del «Sì»: «Oltre duecento donne e uomini di scienza e ricerca hanno firmato un appello per il Sì alla riforma costituzionale, sfida decisiva per la stabilità istituzionale del nostro Paese», fa sapere il premier. Che sollecita associazioni e gruppi di ogni genere a schierarsi: «Ieri anche una delle più grandi realtà associative del Paese, la Coldiretti, ha ufficializzato il proprio sì», mentre si contano «duecento professori di Diritto» che hanno argomentato la stessa scelta. Insomma, dice Renzi, «si rassegni chi si ostina a parlare di battaglia personale: una parte importante del Paese si sta schierando al di là di ogni colore politico perché l'Italia diventi più semplice».

Nel frattempo prosegue anche la raccolta di firme del Pd, che chiede ai cittadini di sottoscrivere la richiesta per il referendum confermativo di ottobre: le cifre ufficiali dicono che sarebbero circa 200mila quelle ottenute finora, mentre i comitati per il «Sì» che Renzi vuole operanti in tutto il paese sarebbero più di mille. «Altro che personalizzazione della campagna: questa - sostiene il premier - è una gigantesca sfida popolare che vuole togliere le istituzioni dalla palude degli inciuci e dei veti incrociati, restituendo potere di scelta alle persone». Intanto a dargli manforte arriva il ministro dell'Economia Padoan: in caso di sconfitta del «Sì», dice «se il presidente del Consiglio come dichiarato va a casa, tutto il governo va a casa». Le riforme, aggiunge, «hanno un enorme impatto sull'attività economica. Rendono più efficace la politica. E in Italia serve un orizzonte temporale stabile».

Per la prima volta da settimane, la minoranza Pd ieri ha smesso di inveire contro il premier: alla vigilia del voto, il pudore prevale. Addirittura, per evitare le accuse di giocare per gli avversari, Pier Luigi Bersani si fa vedere al fianco di Giachetti (di cui aveva a suo tempo detto peste e corna) in una manifestazione romana e fa il suo sia pur stitico endorsement al candidato renziano: «Sono qui per sostenere il Pd e Giachetti.

A me sembra la cosa più ovvia del mondo ma vedo che fa notizia». Giachetti ringrazia: «Mai avuto dubbi sul fatto che appoggiasse la mia candidatura». Poi lancia una frecciatina all'ex segretario: «Abbiamo il dovere di riscattare anche gli errori del passato».

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