Roma La convention di Milano contro la piazza di Roma: il primo luglio del centrosinistra è la rappresentazione di una frattura che pare insanabile.
Da una parte Matteo Renzi, che convoca a Milano i Circoli Pd per rianimare le truppe e dare la linea dopo la batosta delle amministrative. Dall'altra Giuliano Pisapia, l'ex sindaco del capoluogo lombardo, che invece si trasferisce a Roma per lanciare l'anatema contro il Pd: mai alleati con chi ha fatto il Jobs Act e ha messo in pericolo la Costituzione (in verità, Pisapia si era schierato per il sì, ma ora lo hanno convinto di aver sbagliato e sarà sul palco con Onida, uno dei capi del No).
«Ormai ha deciso, guerra a Renzi», assicurano gli organizzatori della manifestazione romana. Ossia i fuoriusciti dal Pd, sotto la guida di D'Alema e Bersani, che - dicono dal Nazareno - «ormai hanno preso in ostaggio Pisapia, che si è consegnato perché ha capito che senza di loro sarebbe stato un generale senza truppe». Già: fino a qualche mese fa, l'ex sindaco rappresentava la «sinistra del Sì», l'anima dialogante che invocava l'accordo con il Pd renziano alle prossime elezioni. Si era sentito rassicurato quando il Pd aveva proposto il cosiddetto Rosatellum, sistema elettorale che, con il 50% di collegi, avrebbe garantito un accordo indolore tra Pd e sinistra fuori dal Pd. Sistema ferocemente respinto da Mdp proprio per quella ragione. Poi il Rosatellum è stato abbattuto dai veti incrociati, Renzi ha trattato sul sistema tedesco con Berlusconi e Pisapia si è sentito tradito. E si è arrivati allo scontro tra le due «piazze» di oggi. Santi Apostoli, il luogo scelto da Pisapia, rimanda alla stagione dell'Ulivo prodiano. Ma è anche una scelta prudente: la piazza è piccola, bastano poche migliaia di truppe cammellate (3mila, promettono da Mdp, dove si organizzano i pullman) per farla sembrare piena. In compenso non ci sarà la sinistra del «Brancaccio»: «Non ci vogliono sul palco, sono paternalisti e dirigisti», piangono Montanari&Falcone. Scissione in vista? Intanto il padre nobile Prodi fa il prezioso: in piazza non ci sarà, gli uomini di Pisapia stanno ancora cercando di ottenere almeno un suo solenne messaggio di benedizione. Lui resiste, la presenza ingombrante del suo eterno nemico Massimo D'Alema lo infastidisce un po'. Ma la kermesse antirenziana non dispiace al Professore di Bologna, perché alimenta l'assedio attorno al leader Pd, bocciato ieri anche da Luciano Violante: «Meglio candidare Gentiloni, sta facendo bene». Non a caso, per sedurre il fronte sinistrorso, l'altro giorno Prodi si è slanciato in un elogio di Corbyn, il «vecchietto» tanto di sinistra che rianima i giovani (e perde le elezioni, ma fa niente) con slogan di «uguaglianza». Un po' come lui, era il sottinteso. Poi ieri Prodi è tornato alla carica, invocando leggi elettorali «che ci obblighino ad accorpamenti», ossia a quelle coalizioni modello Unione che Matteo Renzi non vuol vedere neppure dipinte.
«A noi interessa cambiare la vita delle persone, non inseguire le formule della politica del passato», taglia corto il leader Pd. E il suo vice, Maurizio Martina, avverte: «Senza il Pd l'argine alle forze populiste e antisistema sarebbe molto più fragile. Ecco perché non ci può essere centrosinistra senza Pd».
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