Roma - «Matteo vattene, torna a Roma». Dentro, nel teatro Massimo, la cerimonia per l'inaugurazione dell'anno accademico. Fuori, gli striscioni, i fumogeni, gli scudi, le manganellate. Un quarto d'ora di battaglia tra via Maqueda e via Ruggero Settimo, nel cuore di Palermo, tra la polizia e i ragazzi che protestano contro Renzi. Tra i manifestanti, oltre agli universitari, agli studenti medi, ai collettivi, agli insegnanti e ai precari, ci sono i disoccupati, c'è un gruppo di operai della Sis che vorrebbe consegnare una lettera, e c'è una delegazione del call center Almaviva, gente infuriata perché sta per essere trasferita in Calabria. Animazione pure a Trapani, seconda tappa del tour siciliano del premier. Stavolta niente botte, solo tante facce da ventenni e tanti slogan duri. Comizi blindati e un po' di tensione persino quando si sposta a Taormina. Intanto a Roma un variopinto corteo «No-Renzi day», conquista il Colosseo.
Che sta succedendo? Non era lui il Rottamatore, l'uomo nuovo, il «bimbo» di Firenze? Eppure adesso sembrano proprio i giovani a voltargli le spalle. Come si dice in certi casi, è uno strano scherzo del destino. «Ci sono persone che mi detestano, che non mi sopportano, ma è normale, è fisiologico», ammette il capo del governo. «Però nella scheda del referendum non c'è scritto Renzi mi sta simpatico o antipatico, o se sono ingrassato, c'è un voto che segnerà l'Italia per i prossimi anni». E sarà pure vero che il potere logora, che i presidenti del Consiglio sono sempre stati contestati e che prendere fischi fa parte dei rischi del mestiere. Non ci sono mai solo applausi, è, appunto, «fisiologico». Però qualcosa nel rapporto tra Matteo e il Paese forse si è rovesciato.
Il partito e poi il governo Renzi se li è presi con le energie, le mosse e lo spirito del rinnovatore, volando sull'aura magica del politico 2.0. Ora paradossalmente, dopo due anni e mezzo a Palazzo Chigi, per molti lui sta diventando il vecchio. E non è soltanto l'effetto della concorrenza del movimento Cinque Stelle. Secondo infatti un sondaggio dell'Ipsos pubblicato dal Corriere della Sera, il No al referendum sulla riforma costituzionale sarebbe in vantaggio in tutte le classi di età tranne che tra gli ultra sessantacinquenni. Sotto i 34 anni, appena 19 per cento degli italiani appare orientato verso il Sì.
E proprio venerdì Tito Boeri, l'economista che Renzi ha voluto alla testa dell'Inps, criticando la Finanziaria lo ha attaccato esattamente su questo scompenso generazionale. «A me interessa sapere quanto la nuova legge di bilancio parli giovane, Un Paese che smette di investire sui giovani è un Paese che non ha grandi prospettive e la manovra fa poco su questo fronte».
Segnali che il premier non sta sottovalutando.
Infatti le parole «crescita», «futuro» e «occupazione» non mancano nei discorsi siciliani e sono legate a un invito a votare Sì: «Il sistema deve essere più semplice per ridurre i poteri della burocrazia che in Italia blocca tutto».
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