Renzi promette il Tfr in busta per evitare lo sciopero generale

Il premier insiste: «Già dal prossimo anno». Una mossa strategica proprio alla vigilia dell'incontro con i sindacati sull'articolo 18

S ulla filosofia di fondo, in fondo, nulla da eccepire. Le liquidazioni, il cosiddetto «Tfr», sono effettivamente «soldi dei lavoratori», come argomenta Matteo Renzi. Ma forse il premier sta accarezzando un'idea dai tratti ancora più rivoluzionari: se con 80 euro in busta paga ha raggiunto il 41 per cento (grazie all'astensionismo degli elettori), riuscendo a mettere il Tfr in busta paga potrebbe raddoppiare all'82 per cento, e forse più. Sempre che ci siano ancora elettori disposti ad andare alle urne - e sempre che l'operazione si faccia davvero.

Le modalità di questo intervento eccezionale, più volte - anche ieri - annunciato da Renzi, sul quale esiste già una nota di lavoro che circola a Palazzo Chigi (a firma di un economista del giro di Boeri), restano abbastanza discutibili anche per gli addetti ai lavori. Così, mentre nel pomeriggio il viceministro dell'Economia Enrico Morando pensosamente spiegava che «l'esecutivo non ha ancora preso una decisione», un paio d'ore dopo sulla Enews del presidente del Consiglio la riflessione era già giunta al termine. «Il Tfr - scriveva Renzi - sono soldi dei lavoratori. Che però vengono dati tutti insieme alla fine. La filosofia sembra essere protettiva: te li metto da parte per evitare che tu li “bruci” tutti insieme. Uno Stato-Mamma che sottilmente fa passare il messaggio di non fidarsi dei lavoratori-figli. Io la vedo diversamente: per me un cittadino è consapevole. E come accade in tutto il mondo non può essere lo Stato a decidere per lui». Fin qui filosoficamente tutto bene. Il resto è porto delle nebbie. «Ecco perché mi piacerebbe che dal prossimo anno i soldi del Tfr andassero subito in busta paga mensilmente. Questo si tradurrebbe in un raddoppio dell'operazione 80 euro, più possibilità d'acquisto, un altro tassello verso il modello Italia... Questo dal punto di vista filosofico. Dal punto di vista pratico, invece, il problema è evitare di affossare la liquidità delle piccole-medie imprese che potrebbero soffrire la necessità di pagare subito la mensilità in più. In realtà, anche alla luce delle misure Bce, il sistema ha notevoli riserve di liquidità. Per questo, quando martedì (domani, ndr ) parleremo alle parti sociali, verificheremo la fattibilità di una proposta sul Tfr che viene incontro ai lavoratori senza gravare sulle imprese».

Spunti interessanti erano arrivati anche prima, dallo stesso Morando: «Non ci sarà un euro di prelievo in più, né per i lavoratori né per le imprese». Dunque, il Tfr continuerebbe a essere tassato in regime separato per chi lo riceve e pure per chi lo elargisce, come se le imprese si limitassero a fare da intermediari tra le banche che finalmente erogano le liquidità messe a disposizione dalla Bce e i dipendenti-consumatori che sarebbero così in grado di far ripartire i consumi. A maggior ragione in quanto sempre Morando aveva parlato di sgravi nella legge di Stabilità pari a 14-15 miliardi di tasse in meno su Irpef e lavoro.

Il guaio è però che né il sistema bancario si è ancora espresso sulla fattibilità dell'operazione, né le imprese si fidano di questo apparente uovo di Colombo che segnerebbe il ritorno dell'intervento dello Stato nell'economia. Secondo il dossier di Palazzo Chigi, infatti, sarebbe lo Stato a garantire tramite la Cassa depositi e prestiti.

Il fatto poi che l'annuncio renziano arrivi alla vigilia del delicato incontro con i sindacati, che chiedono di soprassedere sull'abolizione totale dell'articolo 18, accresce i sospetti di una scatola ben confezionata per ottenere almeno il rinvio dello sciopero generale e una linea più morbida di Camusso e Landini. Entrambi diffidenti e consapevoli che si potrebbe trattare, per i lavoratori, della perdita dell'ultimo salvagente. Dopo aver raschiato il fondo del barile, insomma, non resta che scavare la terra.

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