Roma - Sembra un dejà vu. Palazzo Chigi contro i magistrati, inchieste che fanno tremare il governo, l'Anm che si oppone al potere politico. Solo che ora il premier è Matteo Renzi e a capo dell'associazione dei magistrati è appena arrivata una delle vecchie star di Tangentopoli, Piercamillo Davigo. Il resto, sembra ripescato dagli archivi berlusconiani. Lo scandalo del petrolio lucano è l'innesco, la reazione è quella di Renzi, che dice di non volere la giustizia «trasformata in luogo di scontro», ma avverte: «Non accetteremo di rendere la politica subalterna a niente e a nessuno». Per 20 anni, aggiunge, «il rapporto con la magistratura è stato di subalternità o di attacco», ora basta con le «invasioni di campo», le toghe non devono «mettere bocca sul procedimento legislativo o esecutivo». Serve rispetto della «separazione dei poteri». Poi ironizza sulla settimana di «offensiva mediatica, ogni giorno casualmente usciva un nome di un ministro diverso, un sottosegretario, tutto casuale, com'è ovvio che sia». Sulle intercettazioni, dice che «le sentenze si fanno nei tribunali», non sulle telefonate pubblicate dai giornali.
Questo, dopo la sfuriata al Consiglio dei ministri di venerdì sui «pettegolezzi» divulgati dai mass media e l'attacco alle toghe che interrogano testimoni come il ministro Maria Elena Boschi e l'ex Federica Guidi prima degli arrestati, ne coinvolgono altri come Graziano Delrio. Oltre alle critiche sulla lentezza dei processi. Un atteggiamento duro, quello del premier, che si traduce nell'input a una stretta sulle intercettazioni, rimettendo in moto la riforma del processo penale, ferma da 6 mesi al Senato, dopo il sì della Camera. Il responsabile Giustizia dem David Ermini conferma che la riforma si farà, ma tranquillizza le toghe: «Non intaccherà minimamente il loro utilizzo». Forse, l'accelerazione ha qualcosa a che fare con la profezia di Paolo Mieli a Otto e mezzo su un'estate movimentata con nuove intercettazioni roventi su Renzi e compagni?
Dall'altra parte, il segnale della nuova Anm è altrettanto bellicoso. Davigo glissa sull'inchiesta di Potenza e sull'«inopportunità» delle frasi di Renzi, già criticate dall'associazione. Ma replica alla battuta del premier di fronte alle proteste per il taglio delle ferie. «Quel brr che paura è una cosa che non mi è piaciuta per niente - dice - Non esistono governi amici e governi nemici. Dobbiamo dialogare con la politica, ma con la pretesa del rispetto della nostra dignità». E sulle intercettazioni annuncia battaglia: ««La pubblicazione di intercettazioni non pertinenti è già disciplinata dal reato di diffamazione. Non vedo il problema».
Davigo parla alla direzione del «sindacato» delle toghe prima della conferma della sua nomina per acclamazione, quando già tutte le correnti si sono espresse per averlo alla guida di una giunta unitaria, dopo 10 anni di divisioni. La gestione Sabelli è stata debole, si punta su di lui per tornare a un'Anm forte e autorevole, nella nuova stagione di scontro con la politica, forse più insidiosa di quella berlusconiana. Renzi ha già fatto ingoiare alle toghe troppi bocconi amari e le timidezze delle correnti di sinistra e di Unicost (che avrà il segretario Anm con il pm romano Francesco Minisci) hanno fatto salire le quotazioni del simbolo di Mani Pulite, che ha fondato la sua corrente staccandosi da Magistratura indipendente e chiamandola Autonomia e indipendenza. Il candidato più votato alle elezioni di marzo (1.
041 preferenze) fa capire che lascerà il posto tra un anno, ma sa di dover tener testa al Rottamatore. «Perché ossibile - dice Davigo - bisogna far credere che il disastro della giustizia dipenda dalle troppe ferie dei giudici? Non è così: lavoriamo tanto e bene».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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