Ieri Repubblica strillava in prima pagina: «Moscopoli, Salvini non poteva non sapere». Benissimo, ma cosa? Non lo sanno neanche loro, perché nel leggere le lenzuolate di ricostruzioni, illazioni, sospetti e ipotesi viene un dubbio: mettiamo anche che Mosca abbia dato alla Lega dei rubli, ma siamo sicuri che non rifornisca Repubblica di casse di potente vodka? Nel qual caso, scatterebbe una certa invidia professionale.
Ricapitoliamo: uno stranamente non ironico Luca Bottura, a pagina 3, dice che è in atto un'opera di disinformazione. Perché? Perché invece che parlare di Savoini & Co. (se ne parla anche dal verduraio, ma va beh) si rivanga nel passato dei rubli comunisti. Ignaro che, due pagine dopo, il medesimo quotidiano dica che Salvini è attorniato da fascisti. Quindi le ideologie del Novecento si possono usare solo a senso unico? Poi il meglio: si confondono le acque parlando troppo del caso di Bibbiano. Ah, certo, bisogna parlare solo della Lega e tacere di una orrenda storia di bimbi manipolati e strappati alla famiglie. Perché è più importante incastrare Salvini.
Ma per essere una spy story perfetta, a questo plot, mancava ancora qualcosa: la donna. Nessun problema signori, ecco che sbuca Irina Osipova (nel tondo), «l'amica dei mercenari». Finita in un'inchiesta (senza mai essere condannata) sui contractor italiani che andavano in Donbass e talmente salviniana da essersi candidata con Fratelli d'Italia. Però ha una foto insieme Salvini e a questo punto della trama tutto fa brodo.
D'altronde se voi doveste trattare affari milionari con Putin, non affidereste la pratica a un faccendiere, un'amica dei mercenari e a quattro fascistelli? È il dream team che ogni lobbista sogna di confezionare.
A completare lo sbilenco copione arriva anche il filosofo Aleksandr Dugin, col quale Savoini avrebbe preso contatti per portare a casa questo benedetto oro nero. Giusto per capirci: Dugin è uno che non riesce nemmeno a vendere i suoi libri su Amazon perché glieli bloccano, figurarsi se riesce a far arrivare in Italia ettolitri di petrolio. Fa il filosofo euroasiatico, ha un grande seguito, ma non è mica un oligarca. Per fortuna, a pagina 6, arriva un'intervista maestosa allo scrittore Eduard Limonov che, in poche battute, cestina tutte le pagine precedenti. È, come sempre, lapidario: «Penso che sia un fake di pessima qualità».
Tutto surreale. Tutto in contraddizione. Però bellissimo: il più bel romanzo dell'estate. Però è un romanzo, ricordiamolo. Si sono solo dimenticati di scrivere che «ogni riferimento a persone o cose è puramente casuale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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