La resistenza all'apocalisse

La resistenza all'apocalisse

Nel piatto paese di Flatlandia creato dall'abate Abbot alla fine dell'Ottocento, un quadrato scorge un punto che si allarga in una macchia tonda e che poi si ritrae fino a scomparire. Il quadrato deduce che un oggetto a tre dimensioni, una sfera, è passato attraverso il mondo piatto. Poiché è l'unico ad aver capito che esiste una terza dimensione, viene prontamente condannato.

Così ancora accade quando ci accorgiamo con spavento e dolore del passaggio di entità che non appartengono alla nostra dimensione: l'Africa che trasuda in Europa attraverso un mare di cadaveri e le stragi dei terremoti con le faglie come talpe assassine. Questo è il momento in cui tutti noi scampati dalle acque e dai detriti chiediamo a che punto sia il governo degli eventi, e anche che nessuno più si rifugi dietro la banale crudeltà di madre natura che gioca a polo con le nostre teste. L'asse della maledetta faglia slitta con montane città uomini e cose uomini e cose verso Oriente, mentre navi-obitorio scaricano grappoli di sacchi per cadaveri come frutti maturi. Si ode la lagna delle parole di circostanza e si assiste al consolidato eroismo dei volontari.

Molta retorica televisiva e la trionfante prosopopea dei monatti della nuova peste.

Ma non si sente il passo da pachiderma della razionalità che schiera le sue legioni mentre spadroneggia il demonio dei lamenti e dell'ipocrisia. Il numero dei cadaveri e delle sciagure aumenterà.

C'è qualcuno che sa organizzando la resistenza all'apocalisse senza far finta che il problema sia il buco nell'ozono?

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