Le 3 parole chiave sui migranti: cosa sta succedendo in Italia

Si tratta di tre termini che spesse volte, anche nel mondo della politica, vengono usati come sinonimi. Il rischio è quello di generare incomprensioni

Le 3 parole chiave sui migranti: cosa sta succedendo in Italia

In materia di immigrazione esistono dei termini che vengono usati erroneamente come sinonimi. Tra questi quelli che parlano di respingimenti, espulsioni e rimpatri. Una confusione che trae in inganno tanto i cittadini quanto gli appartenenti al mondo della politica. Tutto questo rischia di generare delle incomprensioni anche su delicate scelte da compiere.

Una differenza che non è soltanto legata alla terminologia

L'immigrazione, si sa, è un argomento molto sentito sotto il profilo politico. Le attenzioni si concentrano soprattutto nelle fasi legate all'ingresso di migranti nel nostro territorio. Ma i dibattiti sempre più spesso coinvolgono anche l'altra fase, quella cioè dell'accompagnamento delle persone che non hanno i titoli per restare verso i Paesi di origine. Ed è da questo fronte che arrivano le note più dolenti. In Italia, così come in Europa, a fine anno è un diluvio di dati e cifre. A volte in un'unica casella vengono compresi i numeri dei rimpatri, delle espulsioni e dei respingimenti. Tre termini che però soltanto in apparenza si riferiscono allo stesso concetto. In tal modo si crea una confusione non in grado di comprendere fino in fondo la natura del fenomeno.

“Per questo è importante ribadire le differenze tra queste parole – è il commento rilasciato su IlGiornale.it da Maurizio Ambrosini, professore della Statale di Milano – rimpatri, espulsioni e respingimenti sono tre elementi distinti e separati”. L'espulsione, in particolare, è il decreto con il quale si intima a un cittadino straniero di lasciare il territorio italiano. Nel nostro ordinamento la fattispecie è disciplinata dall'articolo 235 del Codice Penale. Tuttavia non sempre chi è raggiunto dal decreto di espulsione ritorna nel Paese di origine. E qui si arriva all'altro concetto, quello di rimpatrio, riferibile a chi viene accompagnato fuori dall'Italia: “Il numero dei rimpatriati è esiguo rispetto a quello dei decreti di espulsione”, ha sottolineato Ambrosini. Infine c'è il capitolo relativo ai respingimenti. In questo caso ci si riferisce a quei migranti respinti alla frontiera.

migranti accompagnati

Il caso francese sui respingimenti

Quanto si parla di respingimenti e le relative modalità con le quali essi vengono effettuati, non si può non parlare dell’ultimo fatto avvenuto in Francia il 25 marzo scorso. Quel giorno, precisamente durante le ore notturne, circa 50 migranti in procinto di varcare il confine del Monginevro sono stati bloccati e rinviati indietro dalla gendarmeria d’Oltralpe. A far discutere in quel contesto sono stati i metodi: stando ad alcune indiscrezioni da confermare,sarebbero stati esplosi in aria alcuni colpi di pistola per intimidire i migranti e farli retrocedere. Così infatti è stato: gli stranieri hanno fatto dietrofront. Particolare in questa vicenda il caso della bambina di 11 anni rimasta traumatizzata dall’accaduto. La bimba, è stata ricoverata all’ospedale Regina Margherita di Torino perché in evidente stato di choc. Dopo una notte di osservazione, è stata dimessa.

Le dinamiche su quanto accaduto quella notte ad un passo dalla Francia, non sono state ancora del tutto chiarite. Di questo ne è convinto, tra gli altri, Maurizio Ambrosini: “Il respingimento francese dei migranti verso l’Italia- ha spiegato il professore- è il frutto di un’interpretazione data dal governo di Parigi sul Trattato di Dublino”. Secondo il Trattato in questione è lo Stato di primo approdo del migrante che deve far fronte al sistema accoglienza senza che vengano coinvolti altri Paesi. Il docente della Statale di Milano ci spiega le sue perplessità in merito all’interpretazione data al Trattato dai francesi quella notte: “Non sono certo che questa interpretazione sia legale perché non c’è alcuna prova che i migranti hanno avuto come primo Paese d’approdo l’Italia”.

migranti

Le difficoltà dell’Italia sui rimpatri

L’Italia negli ultimi anni ha trovato non poche difficoltà a concretizzare gli accordi messi su carta con i Paesi dai quali provengono la stragrande maggioranza dei migranti. Si è parlato spesso di incontri, visite oltre il Mediterraneo, nuovi accordi e anche somme versate che poi si sono conclusi con un nulla di fatto quando si è parlato di passare dalla teoria alla pratica. L’Italia ha numerose difficoltà ad attuare i respingimenti, al contrario, ha maggiore propensione e velocità nel firmare i decreti di espulsione. Questi ultimi però, il più delle volte, rimangono dei semplici documenti privi di forza attuativa.

Ad esempio, nonostante con la Tunisia, dirimpettaia dell’Italia, ci siano accordi già dalla fine degli anni ’90 in materia di rimpatri, al momento, anche se ci sono diversi voli settimanali per rispedire i migranti in quel Paese, i risultati sono ancora tutti da verificare. Anche perché dal Paese africano i migranti continuano a partire e dall’Italia le conseguenti operazioni di rimpatrio sono ancora minori rispetto agli sbarchi. Ultimo incontro con il governo di Tunisi è stato quello di agosto 2020. In quell’occasione il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese aveva ricevuto rassicurazioni circa una maggiore collaborazione in tema di riammissione dei migranti nello Stato tunisino. Ad oggi gli effetti di quell’incontro non sono ben visibili.

La linea dell'Ue (e dell'Italia)

Mettere ordine sotto il profilo terminologico, significa comprendere quali strategie politiche sul fenomeno immigrazione si prova ad attuare in ambito tanto comunitario quanto nazionale: “L'Europa – ha dichiarato Maurizio Ambrosini – vuole puntare nel prossimo futuro soprattutto sui rimpatri. Lo si può vedere dal fatto che nell'ultimo piano presentato da Ursula Von Der Layen a settembre, il termine rimpatri viene ripetuto per ben 88 volte”. Non è un caso che proprio questo termine è stato, a sua volta, quello più usato da Mario Draghi nel passaggio dedicato all'immigrazione nel suo primo discorso in Senato.

“Al netto delle storiche difficoltà di implementazione dei rimpatri – ha sottolineato Ambrosini – Bruxelles vuole puntare su questa strategia e su maggiori controlli interni”.

Una linea sposata anche dal governo Draghi e che ha messo d'accordo le due anime più divergenti della nuova maggioranza, ossia quelle di Pd e Lega: “Il richiamo all'Europa – ha concluso Ambrosini – è stato ben visto dal Pd, la strategia volta ad aumentare i rimpatri e i controlli interni piace alla Lega”. Rimpatrio sarà quindi la parola d'ordine dei prossimi mesi. Anche se, vista la storia recente, le incognite non sono certo poche.

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