La responsabilità del silenzio

Il segno della discontinuità. L'attesa innervosisce, genera ansia, ti mette in testa brutti pensieri, qualche volta delude.

La responsabilità del silenzio

Il segno della discontinuità. L'attesa innervosisce, genera ansia, ti mette in testa brutti pensieri, qualche volta delude. Non è facile saper aspettare. Questo vale nella vita come nella politica. È per questo che si cominciano a sentire i malumori intorno al governo Draghi. Ma siamo sicuri che è cambiato qualcosa? C'è chi fa il suo lavoro di partigiano «contiano» e ci sguazza. Chi scommette sul tutto come prima e chi teme di aver sbagliato strada. È che dopo tanto tempo a cercare uno spiraglio si chiede uno squarcio di speranza. Non domani, adesso. Non è saggio, ma ci sta.

Qualcuno sostiene che sia un Conte ter allargato, tanto per rendere ancora più variopinta la maggioranza. Non si sente il colpo di reni. Le zone del contagio sono ancora colorate. La scuola non riapre. I negozi sono lucciole intermittenti. La vaccinazione continua a camminare a due cilindri. Niente miracoli. Domani non è ancora un nuovo giorno.

Quello che pesa è il silenzio. Draghi non parla. Non va in tv. Non mette messaggi in una bottiglia. Si fa sentire solo nei luoghi istituzionali e pazienza se le sue parole in Europa sono state dure. Non bastano a segnare un cambio di passo.

Se si cambia solo per un attimo prospettiva è proprio quel silenzio che dovrebbe rassicurare. Le parole ci hanno già incantato. Ne abbiamo sentite troppe. Tutti i giorni, con la promessa che se saremmo stati buoni il male sarebbe andato via. Dipende tutto da voi. Fate i bravi e passa la paura. Adesso sappiamo che molto dipende da noi, certo, mica è sempre colpa del Palazzo, ma non tutto. Ci sono cose che vanno fatte senza spendere troppe parole.

Allora il silenzio non vuol dire che non è cambiato nulla o che Draghi si è perso. Quel silenzio potrebbe essere un caricarsi sulle spalle le responsabilità. Tocca a me, tocca al governo, fare in fretta i passi necessari per trovare una via d'uscita. Non vi coinvolgo moralmente in un ipotetico fallimento. Magari è proprio qui la prima svolta di Draghi. Non parla fino a quando non avrà in mano un risultato concreto. Il suo silenzio non cerca alibi. Si prende sulle spalle la croce. Allora per un po' dovremmo fidarci di questo silenzio. Dargli una possibilità. Assecondarlo.

Non è un modo per oscurare i vetri del Palazzo. È non creare inutili illusioni. È affondare le mani nella realtà e la realtà ha i suoi tempi.

Non sono gli stessi del flusso di messaggi. Questo non significa dare a Draghi una fiducia illimitata. Anche per lui ci sarà il punto della resa dei conti. È il giorno in cui Draghi dirà quanti e quali fatti ci sono all'ombra del suo silenzio.

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