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La retromarcia di Bonafede: sì al decreto contro le scarcerazioni dei mafiosi

Dopo le polemiche che hanno fatto traballare la sua poltrona, il ministro fa dietrofront: quindici giorni per rivalutare i casi dei boss di mafia scarcerati per la pandemia. Sì del cdm al decreto

La retromarcia di Bonafede: sì al decreto contro le scarcerazioni dei mafiosi

Le polemiche per le scarcerazioni per l'emergenza coronavirus hanno fatto traballare la sua poltrona. Così ora Alfonso Bonafede fa retromarcia e ha ottenuto dal Consiglio dei ministri il sì al suo decreto legge per rimandare dietro le sbarre mafiosi e terroristi ora ai domiciliari.

Il provvedimento prevede la possibilità di rivalutare se soino cambiate le condizioni dell'emergenza sanitaria rispetto a febbraio e se quindi restano le ragioni perché chi è stato condannato in via definitiva o è in custodia cautelare per reati gravi di mafia o terrorismo possa restare ai domiciliari per motivi di salute o se debba tornare in carcere. Riaperta inoltre la possibilità - anche nelle carceri minorili - di avere colloqui "in presenza" e non solo in videochiamata con i parenti "per un numero massimo di volte stabilito dal direttore dell'istituto e comunque almeno una volta al mese".

In particolare, per i condannati per terrorismo o mafia e per i detenuti in regime di 41 bis il magistrato - dopo aver ottenuto il parere della Direzione nazionale antimafia o delle Direzioni distrettuali - potrà ora valutare "la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria entro il termine di 15 giorni dall'adozione del provvedimenti, e successivamente con cadenza mensile".

Inoltre c'è la possibilità per i giudici di sorveglianza di rivalutare la scarcerazione "immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena".

"Prima di provvedere alla scarcerazione", precisa ancora il decreto, "l'autorità giudiziaria sente l'autorità sanitaria regionale, in persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale e acquisisce dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena può riprendere la detenzione o l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute".

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