Il "ribaltone" grillino dei giudici

Il "ribaltone" grillino dei giudici

L'opinione generale è difficilmente confutabile. «Alla fine della festa osserva Pierantonio Zanettin, un trascorso nel Csm e ora deputato di Forza Italia avremo un organo di autogoverno con una cultura più giustizialista e non rappresentativo: Magistratura indipendente, che aveva vinto le elezioni, ha perso 3 posti su 5». «Un Csm giustizialista?», è la domanda ironica del piddino, Franco Vazio: «Valutazione fin troppo ottimistica. Bonafede è un giustizialista, ma ora il baricentro del Csm si sposta oltre il giustizialismo, verso Davigo, cioè il giudice inventore del principio per cui la naturale conclusione di un processo è un verdetto di colpevolezza. E per colpa di alcuni impiastri siamo inermi, visto che la Lega, l'unica che potrebbe opporsi, è nelle condizioni in cui è su questi temi».

La verità è che alla fine, quando si depositerà la polvere della battaglia, il Belpaese si ritroverà un Csm che avrà un orientamento ben diverso da quello votato quasi un anno fa. È l'epilogo di uno scontro di Potere che si è svolto dentro la magistratura e che non ha nulla da invidiare alle peggiori faide politiche. Gli ingredienti ci sono tutti: scandali, intercettazioni, alleanze trasversali, scissioni. Risultato? Nella nuova geografia dell'organismo prevalgono, infatti, le anime della sinistra più «interventista» e del grillismo. Il dimissionario Gianluigi Morlini della componente centrista dei magistrati, infatti, sarà sostituito dall'esponente della corrente di Davigo, Giuseppe Marra, fino a ieri alle dirette dipendenze del ministro Bonafede: per la prima volta un magistrato al servizio del ministro di via Arenula è catapultato direttamente nel Csm. Anche a Corrado Cartoni, altro esponente di Magistratura indipendente, subentrerà una seguace di Davigo, Ilaria Pepe; mentre sempre un moderato Paolo Criscuoli, lascerà il suo posto all'esponente della componente di sinistra Area, Bruno Giangiacomo. Solo i successori dei due rappresentanti dei Pm che si sono dimessi, secondo regolamento, dovranno essere rieletti. Fatti i conti, siamo di fronte ad un potenziale «ribaltone» della maggioranza che governava il Csm sull'asse Magistratura indipendente-Unicost. Un «ribaltone» certificato dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, che non ha voluto azzerare l'organismo, rinviando il rinnovo del Csm alla riforma del metodo di elezione del Csm: ci sarebbe da dire, campa cavallo. Le richieste di Berlusconi e della Meloni di andare a un rinnovo totale, infatti, sono rimaste lettera morta.

Il «paradosso» è che la vicenda nasce da uno scontro sulla nomina del successore di Pignatone alla procura di Roma, che ha visto in campo alleanze «trasversali» di ben altro segno rispetto a quello che potrebbe essere l'epilogo: da una parte i sostenitori del procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, cioè il Quirinale («è sempre stato il candidato di Mattarella», osserva un'esperta del settore come l'azzurra Iole Santelli), Magistratura democratica e la procura di Milano; dall'altra parte, uno strano connubio messo insieme dalle critiche sull'operato della coppia che fino a ieri ha governato la procura di Roma, Pignatone-Ielo, ha puntato sul procuratore generale di Firenze, Marcello Viola. Un elenco lungo e variegato che ha visto insieme Magistratura indipendente guidata dal suo ex-segretario Giacomo Ferri, Unicost dell'ex segretario di Anm finito nel tritacarne, Palamara, un renziano come Luca Lotti (che sull'onda della vicenda si è autosospeso dal Pd) e, addirittura, il tandem Davigo-Travaglio. Insomma, un vero guazzabuglio. La battaglia che ne è venuta fuori, come l'attentato di Sarajevo che diede il via alla prima guerra mondiale, ha fatto saltare tutti gli equilibri della magistratura italiana. Alla fine gli «effetti collaterali» della guerra saranno ben più pesanti dello scontro sulla successione alla Procura di Roma anche perché, come avviene in questi casi, si arriverà ad un terzo nome, che eliderà sia quello di Lo Voi che di Viola.

Insomma, la situazione è sfuggita di mano a tutti. «Anche perché spiega Iole Santelli, nei panni di Cassandra ancora non è chiaro cosa può uscir fuori dalle intercettazioni». E ora non è detto che il Quirinale non punti, per uscire fuori da questa situazione scabrosa e riportare la quiete, a realizzare nella magistratura il disegno che aveva perseguito in politica un anno fa: un Csm in cui si prefiguri un'alleanza tra la sinistra più interventista delle toghe e la componente di Davigo, parte essenziale del net-work grillino. La scelta di non sciogliere l'organismo attuale potrebbe proprio appartenere a questa logica.

In fondo la nuova «alleanza» potrebbe saldarsi su un bersaglio comune: ridimensionare il nuovo dominus della politica italiana, Matteo Salvini. Non è un'operazione complessa: il lessico della segretaria della corrente Area, Maria Cristina Ornano, infatti, non è molto diverso da quello che usa Travaglio sul «cazzaro verde» . «La Lega è il discorso di taglio politico a cui si è lasciata andare la Ornago qualche giorno fa declina la sua offerta politica in chiave nazionalista, sovranista, populista, razzista e xenofoba». Il rischio di una simile evoluzione non è per nulla sottovalutato nel Carroccio. «È un cavolo di problema!», ammette il toscano Edoardo Ziello: «Per questo stiamo cercando di avere una sintesi, un modus vivendi con la magistratura, che è un mondo lontano da noi: non è possibile che a Pisa, ad esempio, ogni proposta di daspo che facciamo, venga rigettata da magistrati che sono tutti con Davigo. Poi quando cerchi di far capire le tue ragioni ti danno appuntamento nei posti più strani col cavolo che ci vado». «Basterebbe che come in America sostiene il leghista romano Giuseppe Basini un magistrato si astenga dal partecipare a un processo che coinvolge esponenti di un partito che critica politicamente. Basterebbe questo!».

Solo che per perseguire un simile obiettivo l'attuale maggioranza di governo di certo non è la più adatta. «Salvini osserva il forzista Gregorio Fontana dovrebbe porsi il problema di con chi si è messo!». «Lui sottovaluta confida Stefano Parisi il rischio di una radicalizzazione del Csm sulle posizioni grilline e della magistratura più interventista: è un fesso perché rischia di esserne la vittima».

Resta l'assurdo che l'intera vicenda sia scaturita dalle intercettazioni su una riunione che ha visto insieme magistrati e politici. Un festival dell'ipocrisia, visto che solo i ciechi, potevano pensare che in Italia non fosse questo l'andazzo: basta rileggere in controluce una serie di sentenze famose. Siamo al segreto di Pulcinella. Lo scandalo vero è che ancora non siano state abolite le correnti nella magistratura, che non sia stato fatto saltare il ponte che permette ai giudici di andare in politica e tornare in magistratura. Le riunioni, le cene, gli incontri tra magistrati ne sono solo la conseguenza. Il corollario. Lo ricorda parlando di ieri Fabrizio Cicchitto, esperto del settore: «Se ci fossero stati i trojan trent'anni fa sai quanti incontri tra magistrati di Md e dirigenti comunisti avrebbero registrato». Lo si arguisce per l'oggi dalle parole di Bruno Giangiacomo, che dovrebbe sostituire uno dei giudici dimissionari: «Non è che un consigliere del Csm possa vivere con un atteggiamento monastico.

Io certo non vado a una cena in cui c'è un mio imputato. Ma il piano della giurisdizione è diverso da quello dell'amministrazione. Qui gli obblighi sono meno rigidi di quelli che ha un magistrato nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali». E siamo da capo!

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