Un video hard «privato» fatto con un telefonino che si trasforma in un'arma puntata contro. La trappola del web che cattura e massacra, il virtuale trasformato in incubo reale.
Storie già viste. Quella tragica di Michela Deriu, la barista 22enne di Porto Torres che si è uccisa nella notte tra il 3 e il 4 novembre scorso in un appartamento di un'amica a La Maddalena, somiglia tanto a quella di Tiziana Cantone, la giovane napoletana suicidatasi dopo la diffusione in rete di alcuni suoi video hard. Era 13 settembre 2016 quando la ragazza si tolse la vita impiccandosi. Le indagini hanno visto indagate diverse persone, tra cui il fidanzato ma alla fine tutto si è risolto con un nulla processuale.
Adesso nella storia tragica di Michela che faceva la barista ci sono tre indagati, tre giovani di Porto Torres (Sassari), dove la ragazza viveva e lavorava. Quelli che l'avrebbero ricattata, chiedendole soldi per non diffondere il filmino a luci rosse. Lei si è uccisa soffocandosi con un laccio in casa dell'amica a cui aveva chiesto ospitalità alla Maddalena.
Avrebbe lasciato due biglietti. Nel primo chiedeva perdono proprio alla padrona di casa: «Scusami, ma a Porto Torres non sarei riuscita a farlo». Nel secondo, appallottolato, pare si riferisca a non meglio identificati «scheletri di due anni fa».
Ma restano molti punti interrogativi. Innanzitutto la giovane suicida per arrivare dall'amica aveva acquistato un biglietto di andata e ritorno. Perché se aveva deciso di finirla lì? Gli inquirenti, che stanno cercando di ricostruire la vicenda frugando negli smartphone di vittima e indagati, ripercorrendo la vita della ragazza, vorrebbero stabilire se quel video (forse due) possa appunto risalire a qualche tempo fa, magari a quando la giovane trascorse un breve soggiorno in Irlanda. Le persone indagate avrebbero infatti vessato e perseguitato a lungo, o ma questo è tutto da provare fino ad aggredirla, secondo quanto riportava il 3 novembre scorso il quotidiano la Nuova Sardegna, nell'androne di casa, centro storico di Porto Torres, in piena notte, al rientro dal lavoro. Al risveglio Michela, che era stata narcotizzata con un gas, aveva un grosso ematoma e gli oltre mille euro in contanti riportati dal bar, la metà mance da dividere poi con i colleghi, rubati.
Secondo le indagini dei carabinieri di Olbia e Porto Torres, coordinati dal procuratore Gianluigi Dettori, la barista sarebbe stata
ricattata dai tre amici che minacciavano di diffondere il video hard. L'ipotesi di reato è istigazione al suicidio, diffamazione aggravata e tentata estorsione. Ma non si esclude nemmeno la possibilità che sia stata uccisa.
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