Rischio crisi? «Ma figurati! La maggioranza è forte e coesa», risponde Matteo Salvini. Il ministro dell'Interno ostenta tranquillità: «Stiamo per fare un regalo all'Italia, un po' di regole e un po' di ordine per l'immigrazione». Peccato che i 5s non siano per niente d'accordo: «Se non c'è lealtà sulla prescrizione, il dl sicurezza rischia». E il governo pure, anche se Giuseppe Conte non sembra rendersene conto: «Non stiamo affatto litigando, è normale che ci siano diversità di opinione, sarebbe strano se non ci fossero, ma poi troviamo sempre la convergenza migliore».
Dunque oggi serve la fiducia, un voto palese dove bisogna metterci la faccia, per sterilizzare i dissidenti grillini e sbloccare il decreto Salvini. Poi occorre un vertice di maggioranza, con tanto di «limatura» al maxi-emendamento, per cercare un'intesa sulla prescrizione. Mancano solo le convergenze parallele, per il resto c'è bisogno di tutto l'armamentario della Prima Repubblica, dei polverosi rituali della vecchia politica, per provare a salvare il governo del cambiamento alle prese con la tempesta perfetta. La partita doppia sicurezza-anticorruzione, le nomine, le grandi opere, questi i quattro punti di tensione interna, le spaccature che paralizzano il Parlamento e caratterizzano una giornata di scontro totale tra Lega-M5s.
La soluzione? La solita, un summit. Il tavolo sembra già apparecchiato: in serata «autorevoli fonti del governo» sostengono che una riunione a tre con Conte mediatore sia imminente. E mentre Palazzo Chigi conferma l'abboccamento, Salvini gela tutti: «Ma quale vertice, stasera vedo la Champions e il vertice ce l'ho con rigatoni, ragù e tv». Poi però riapre ai suoi partner: «Sento quotidianamente Conte e Di Maio, non ho la necessità carnale di incontrarli ogni 24 ore. Esiste il telefono, certe cose si possono risolvere pure così. La prescrizione va cambiata ma troveremo un'intesa».
E intanto il voto sulla sicurezza slitta proprio perché l'ok al decreto, una delle bandiere del Carroccio, è legato a doppio filo al via libera alla riforma della prescrizione, cara a M5s. Insomma serve un accordo incrociato, finora reso impossibile dall'assenza sulla scena dei protagonisti: Salvini era in Ghana, Di Maio in Cina. In mancanza di loro tutto fermo. «Qui non si sposta nemmeno una biro sul tavolo», raccontano da Palazzo Chigi.
Adesso però i due sono tornati e possono provare a riannodare il discorso dando vita a un balletto di incontri. In serata la cena del ministro dell'Interno con gli altri colleghi di governo leghisti, oggi il pre-vertice della squadra di governo grillina. Poi finalmente, chissà, i due vicepremier si vedranno davvero e forse «troveranno la quadra». Nel frattempo, di rinvio in rinvio, di lite in lite, la Lega punta a chiudere oggi la questione sicurezza, quando la situazione magari sarà più chiara. La notte è lunga, i toni si accendono e l'accordo ancora lontano, ma sull'immigrazione le distanze non sono enormi. Anzi, ricorrere alla fiducia serve ai Cinque stelle per isolare la fronda interna ed evitare che sulla legge arrivino voti da destra. Resistono perché vogliono incassare il provvedimento anticorruzione. I leghisti però sono contrari a cancellare la prescrizione dopo il primo grado.
Ma il braccio di ferro si estende pure sulle nomine. La scelta di silurare Roberto Battiston dall'Agenzia spaziale italiana non è piaciuta ai 5s.
«Rimozione non prevista, ci saranno conseguenze», minacciano. E per il viceministro pentastellato Lorenzo Fieramonti «le decisione sulla ricerca e lo sviluppo vanno condivise». Per non parlare della Tav e delle altre grandi opere, prossimo terreno di scontro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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