Coronavirus

Riconversioni industriali come in guerra: Fca passa dalle auto alle mascherine

Ferrari e Marelli in aiuto di un'azienda che fabbrica respiratori polmonari

Riconversioni industriali come in guerra: Fca passa dalle auto alle mascherine

Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia l'ha definita per quello che è: «Dall'emergenza economica entriamo nell'economia di guerra». Con la chiusura di gran parte delle attività produttive disposta dal nuovo decreto, il sistema economico italiano deve adeguarsi. E, se può, riconvertirsi, dedicandosi a confezionare ciò che manca di più: mascherine, respiratori, indumenti protettivi, disinfettante. Incentivato magari dai 50 milioni di euro previsti dal decreto Cura Italia. Secondo quanto riferito dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, più di 800 imprese si sono dette disponibili alla riconversione e 100 possono partire subito.

L'ultima ad annunciare la svolta è stata Fca: ieri l'amministratore delegato Mike Manley, in una lettera ai dipendenti, ha comunicato che uno degli stabilimenti della multinazionale sarà convertito alla produzione di mascherine, con l'obiettivo di sfornarne almeno un milione al mese da donare a soccorritori e operatori sanitari. Con quasi tutti gli impianti fermi, il gruppo italo-statunitense, così come Ferrari e Marelli, ha deciso inoltre di inviare personale specializzato alla Siare, azienda bolognese che produce respiratori polmonari per le terapie intensive e che ha siglato un maxi contratto con la Protezione civile. La speranza è di riuscire a raddoppiarne la produzione per rispondere alle esigenze degli ospedali, soprattutto del Nord Italia.

Ma quello metalmeccanico non è l'unico settore mobilitato per far fronte all'emergenza. La moda e il tessile da giorni ormai stanno rispondendo numerosi all'appello delle autorità nazionali e locali sulla carenza di mascherine, camici, tute e calzari che il personale sanitario deve indossare per operare in sicurezza. Confindustria Moda ha lanciato una campagna rivolta alle aziende che possano fornire il materiale necessario, il «tessuto-non-tessuto», o che vogliano convertirsi alla realizzazione dei dispositivi di protezione individuale, annunciando ieri di aver raccolto 200 candidature. Tra i primi a mobilitarsi c'è stato il gruppo Miroglio di Alba, che ha iniziato a produrne per la Regione Piemonte, mentre all'analogo appello della Toscana hanno risposto, tra gli altri, Scervino, Gucci, Ferragamo, Fendi, Celine, Prada e Valentino: dall'alta moda, alla confezione di mascherine e camici per il sistema sanitario regionale. Il loro sforzo si sommerà a quello dei laboratori sartoriali degli istituti penitenziari di tutta Italia: a partire da oggi anche loro cominceranno a preparare mascherine. E non solo in Italia: da giorni lo Stato di New York sta impiegando i detenuti nella produzione di un altro bene mancante su cui c'è stata grande speculazione, il disinfettante per mani.

Per lo stesso motivo settimana scorsa Lvmh (Louis Vuitton, Bulgari, Fendi) ha destinato tre stabilimenti in Francia alla produzione di gel igienizzante - in 72 ore erano pronti i primi esemplari, imbottigliati in flaconi Dior - e Pernod Ricard (Absolut Vodka), a cui l'alcol non manca, ha annunciato di voler fare la stessa cosa con tutte le proprie sedi negli Usa.

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