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Riforma del catasto: il governo prepara la stangata col trucco

Gentiloni rilancia il piano scartato da Renzi Calcolo affidato a un algoritmo delle Entrate

Riforma del catasto: il governo prepara la stangata col trucco

Matteo Renzi rinunciò, perché il rischio di aumentare le tasse o anche solo di fare percepire a tanti italiani un inasprimento della pressione fiscale, era troppo alto. Senza contare che i proprietari di immobili erano (e sono) scottati dalla patrimoniale sul mattone introdotta dai governi Monti e Letta e una revisione del catasto sarebbe stato il colpo di grazia per un settore in ginocchio.

Ma la riforma del catasto è sempre lì e ora il governo di Paolo Gentiloni vuole rilanciarla. Dal ministero dell'Economia guidato da Pier Carlo Padoan è arrivato l'input di inserire il progetto congelato dal precedente esecutivo nel Pnr, il Piano nazionale delle riforme che accompagna il Def. La ragione è semplice. Nelle raccomandazioni della Commissione europea all'Italia, oltre agli inviti a tassare i consumi e colpire le rendite, c'è un invito a rivedere il catasto.

Il governo ha preso alla lettera Bruxelles e ha ripreso lo schema di decreto dei tempi di Renzi. Con delle variazioni di tipo tecnico.

A decidere il valore delle case sarà un algoritmo applicato dall'Agenzia delle Entrate, che stabilirà il valore medio di mercato. Tra le caratteristiche che peseranno, l'ubicazione, l'anno di costruzione, il pregio dell'edificio.

Lo scopo della riforma in teoria non è quello fare cassa, ma introdurre più equità, evitare ad esempio quei casi in cui degli immobili di lusso in centro sono classificati come economici e appartamenti in periferia come lusso.

Ma il rischio stangata è talmente alto che il testo preparato dal precedente esecutivo prevedeva esplicitamente la «invarianza di gettito». Cioè, la revisione dei valori catastali degli immobili, non dovrebbe in nessun caso portare risorse aggiuntive alle casse dello Stato o dei comuni. Su questo principio ci fu un aspro confronto tra governo e associazioni di categoria per decidere se l'invarianza doveva essere calcolata a livello di singolo comune o nazionale. Daniele Capezzone, presentò un emendamento per fare passare la prima ipotesi, l'Agenzia delle Entrate aveva invece dato credito alla seconda. I proprietari, in prima fila Confedilizia, obiettarono che l'invarianza a livello nazionale avrebbe reso impossibile il controllo.

L'ipotesi di un ritorno della riforma nel prossimo Def, ha messo di nuovo in allarme la confederazione dei proprietari di immobili. La proposta Renzi, ha ricordato il presidente Giorgio Spaziani Testa, fu ritirata nel giugno del 2015, «perché non forniva adeguate garanzie di invarianza di gettito, aprendo all'opposto uno scenario di ulteriori aumenti di tassazione mascherati attraverso improbabili redistribuzioni». La legge delega è scaduta e «non è certo questo il momento per iniziare un nuovo percorso, checché ne dica la Commissione europea, che inserisce pigramente il tema catasto nelle sue rituali raccomandazioni copia e incolla, senza avere un minimo contatto con la realtà».

L'urgenza per il settore, «non è la riforma del catasto, ma una decisa riduzione di un carico fiscale che dal 2012 è stato quasi triplicato e che continua a causare danni incalcolabili a tutta l'economia: crollo dei valori, impoverimento, caduta dei consumi, desertificazione commerciale, chiusura di imprese, perdita di posti di lavoro. Dovrebbe essere questa la priorità».

Confedilizia sta facendo pressioni sull'esecutivo affinché sia alleggerita la pressione fiscale sui proprietari di immobili. In particolare per estendere la cedolare secca agli immobili strumentali, capannoni e negozi. Già nella scorsa legge di Bilancio si pensava a un intervento.

Ora l'aria è cambiata e si torna a parlare di nuove tasse.

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