La riforma del Csm bocciata dalle toghe "È solo demagogia, rafforza le correnti"

Dall'Anm agli ex pm Sabella e Ingroia: pioggia di critiche contro Bonafede

La riforma del Csm bocciata dalle toghe "È solo demagogia, rafforza le correnti"

Svolta storica o brodino? Correntismo scardinato o rimedio peggiore del male? La riforma del Csm voluta dal Guardasigilli Alfonso Bonafede sembra radicalmente diversa se a raccontarla è il ministro o invece i commenti di addetti ai lavori poco sedotti dalle novità varate due giorni fa.

Dopo lo scandalo Palamara si voleva imporre uno stop alle correnti e alle porte girevoli tra magistratura e politica, e illustrando il nuovo corso varato nel decreto agosto dal Consiglio dei ministri Bonafede sembra convinto della bontà del lavoro fatto. Tanto da sostenere, appunto, di avere «scardinato il sistema creato con le degenerazioni del correntismo» e di aver ridisegnato l'organo di autogoverno della magistratura secondo «principi di trasparenza e di valorizzazione del merito». Il nuovo Csm sarà formato da 30 consiglieri contro i 27 attuali. Due terzi saranno togati, un terzo laici, e questi ultimi - eletti dal Parlamento - non potranno aver ricoperto incarichi di governo nei due anni precedenti alla nomina. I togati verranno eletti in 19 collegi con due turni di votazione e parità di genere (10 candidati per collegio, 5 uomini e 5 donne), e viene introdotto il sorteggio sia per colmare eventuali carenze nelle candidature che per nominare ogni anno i componenti delle commissioni. Proibita inoltre la costituzione dei gruppi all'interno del Csm, i cui consiglieri vedranno stoppata la possibilità di candidarsi a incarichi direttivi per i 4 anni successivi al mandato. Quanto alle porte girevoli, viene negata la possibilità per i magistrati scesi in politica di tornare in magistratura al termine di un mandato elettivo o di un incarico di governo.

Ma se per Bonafede la riforma è storica, gli altri non la pensano così. Scontento l'Anm, che sul pur timido sorteggio introdotto attacca, parlando di «risposta demagogica a problemi di complessa natura tecnica». Scettico l'ex pm antimafia Antonio Ingroia che parla di riforma «inadeguata e controproducente» che rafforzerà le correnti, proprio per il sistema elettorale che darà «meno spazio ai candidati indipendenti e di più agli accordi spartitori tra le correnti». Che certo resteranno forti nonostante l'abolizione «di facciata» dei gruppi all'interno del Csm. Pollice su, per l'ex toga, solo per il sorteggio delle commissioni e per lo stop alle porte girevoli, che però non vale per i magistrati che già oggi sono in politica. Duro anche il commento di Alfonso Sabella. Secondo l'ex pm, ex assessore alla legalità in Campidoglio e oggi giudice del Riesame a Napoli senza il sorteggio puro invece di scardinare le correnti «molto probabilmente si creeranno ancora molti più accordi». Per Sabella, scettico anche sullo stop agli incarichi direttivi a fine mandato, per riformare il Csm servirebbe «la chemioterapia, che è il sorteggio puro». Quanto allo stop al ritorno in magistratura per chi sceglie di fare politica, Sabella ricorda che i limiti ci sono già ma si applicano solo «ai peones» mentre per chi è legato alle correnti quei limiti «si interpretano». Un problema che, secondo l'ex pm, verrà risolto non da una riforma, ma solo quando «i magistrati faranno un ripensamento etico del proprio profilo professionale».

Poco entusiasmo anche dagli avvocati con Gian Domenico Caiazza, presidente dell'Unione delle Camere penali, che taglia corto: «È una riforma gattopardesca che sembra voler riformare tutto ma non riformerà nulla». Ancora più drastico il leader leghista Matteo Salvini: «Da questo governo, sulla giustizia, non ci aspettiamo nulla se non altri Palamara».

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