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Francia, nominato il centrista François Bayrou come nuovo premier
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Riforma del Senato a rilento e il Colle perde la pazienza

Renzi contro gli ostruzionisti: "Andiamo avanti senza paura, ce la faremo". Ma i tempi si allungano, così Napolitano si arrabbia: "Non c'è stata frettolosità né improvvisazione"

Matteo Renzi riceve le campionesse Sara Errani e Roberta Vinci
Matteo Renzi riceve le campionesse Sara Errani e Roberta Vinci

Messo giù il jolly, ricevuto l'aiutino da «casa», giocata pure la carta dei Tarocchi (lo «Scrivano Giachetti») per annunciare minacce elettorali, scorbuto e 17 anni di guai per chi non obbedisce, al premier Matteo Renzi non resta molto altro da fare. Forse un viaggio a Medjugorije con Madonnina dal forte accento tedesco che piange per l'estenuante lentezza delle riforme. «Entro l'estate? Più facile che le voteremo a novembre», dice a metà pomeriggio Roberto Calderoli. «Con questo ritmo le riforme non saranno approvate nemmeno entro la fine del 2014», aveva detto con tutt'altro tono, a metà mattinata, anche il furente Luigi Zanda, capogruppo pidino ormai oggetto di scherno dei grillini più incarogniti. «In arrivo la tagliola... Il sorriso viscido del fido soldatino Zanda uccide la democrazia. Piegato a 90°», scriveva su facebook Barbara Lezzi, senatrice M5S e, soprattutto, vera «signora». D'altronde Beppe Grillo, non era da meno: «L'esito di queste riforme potrebbe essere la dittatura, neppure Mussolini come Napolitano, Renzi e Berlusconi», scriveva sul blog. Esattamente ciò che il presidente Napolitano più o meno in quelle ore andava predicando ai giornalisti ricevuti al Quirinale. «Basta con gli estremismi, anche nelle espressioni del dissenso. No a un'estremizzazione ingiusta e rischiosa; non si agiti lo spettro di macchinazioni autoritarie. Basta diffidenze e pregiudizi, non si miri a un nuovo nulla di fatto...». Un vero e proprio appello a scongiurare un ennesimo naufragio. L '«aiutino» a sor Matteo non poteva essere più ampio e convinto. Napolitano sosteneva che le riforme dell' «assetto parlamentare non sono meno importanti di quelle sul mercato del lavoro e la spesa pubblica», che Renzi agisce «su mandato del Parlamento», che non c'è stata «improvvisazione né frettolosità», che la discussione «è stata libera ed estremamente articolata». E guardava poi oltre, al successivo passo sulla riforma elettorale, «bisognosa però di significative modifiche» che fughino «rischi d'incostituzionalità».Così convincente e determinato non era stato neppure lo stesso premier, intervenuto poco prima in uno spot da Palazzo Chigi per la firma di alcuni accordi per lo sviluppo. «I politici non sono tutti uguali: c'è chi con l'ostruzionismo prova a bloccare l'Italia e le riforme e chi si preoccupa di creare posti di lavoro e pensa alle famiglie. Avanti, senza paura. Ce la faremo, nonostante chi vuole ostruire il percorso», diceva Renzi in favore di telecamera (inondati i tg all'ora di pranzo).Eppure l'atteggiamento renziano, oltre a non sortire alcun effetto, rischia di diventare un ulteriore nodo. «Renzi non è De Gaulle», rilevava Ferrara (Gal). «Se non abbassa le penne, il percorso si rallenta: il piglio sbrigativo non va bene», osservava Gasparri. Gli effetti della «cattiva digestione» del Rospo renzista si vedevano abbondantemente nel prosieguo. Allorché il governo e Zanda ottenevano una capigruppo minacciando una «tagliola» alla discussione degli emendamenti che faceva sollevare le opposizioni. «Se qualcuno pensa di usare la ghigliottina la prima testa a cadere è quella del governo», avvertiva il saggio Calderoli. Già il leghista Volpe aveva chiarito a inizio giornata che la «tagliola» avrebbe provocato «eventi eclatanti». A vuoto anche il tentativo di far ritirare gli emendamenti omologhi, Zanda e la Boschi puntavano tutto sull'imposizione di un calendario da lavori forzati: da lunedì sedute a oltranza, dalle 9 alla mezzanotte.

Si ribellava persino il capogruppo forzista Paolo Romani («Io una roba così ai miei non la faccio votare»). L'ostruzionismo si trasferiva sul nuovo calendario, che alla fine veniva però approvato per soli 5 voti. Segnale da non sottovalutare. Lavorare stanca, ma ormai anche la luna di miele di Renzi è un ricordo sbiadito.

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