Un'alleanza per evitare i continui cambi di partito in Parlamento e introdurre una sfiducia costruttiva che impedisca crisi parlamentari al buio: niente sfiducia a un governo senza averne un altro già pronto. L'incontro tra Enrico Letta e il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, il primo del neo segretario del Pd con un partito di centrodestra, ha cercato e trovato punti di contatto e sintonia sulle riforme istituzionali. Oltre che sul modo di vivere questa stagione eccezionale del governo di unità nazionale: garantire al governo Draghi una maggioranza che collabori senza scossoni in questo anno e mezzo per aiutare lavoratori e imprese travolti dalla crisi con il Piano vaccinale e le misure economiche «senza sprecare mesi preziosi in polemiche», come precisa Tajani, in attesa di «tornare a una preziosa dialettica bipolare».
Letta e Tajani sono uniti da una comune sensibilità europeista e questo ha reso più fluido «l'incontro molto positivo e molto costruttivo». Maggiori le distanze con Matteo Salvini, anche se entrambi partecipano al medesimo convegno Ispi. Letta, con il cartellino «europeista», usa il fioretto con Salvini «sovranista». Apre il leghista: «Se ci leviamo le etichette dalla giacca, magari qualcosa la costruiamo». E Letta: «Siamo nella stessa maggioranza, vogliamo discutere di come il governo Draghi deve vincere la partita del futuro. Se riusciremo, avremo messo in sicurezza il Paese per i prossimi venti anni».
Riforme di sistema sono il tentativo, affrontato con Tajani, di introdurre la sfiducia costruttiva: solo con un nuovo governo in grado di governare si può sfiduciare il vecchio. Se l'ultima crisi al buio ha avuto come esito il frutto gradito del governo Draghi, ciò non significa che in futuro la medesima situazione non porti a situazioni di instabilità e persino di pericolo per la democrazia, è il ragionamento.
Rilevante è anche frenare con modifiche dei regolamenti parlamentari le fughe di deputati e senatori eletti in un partito a volte già con l'aspirazione di lasciarlo. «Vizi di sistema» secondo Letta, che ha avuto incontri per affrontare la questione con i presidenti delle Camere: la scorsa settimana ha visto per un'ora e mezza la presidente del Senato Elisabetta Casellati, così come ha dialogato con il presidente della Camera, Roberto Fico.
Né Forza Italia né Pd, per cultura politica, ipotizzano di intervenire sull'articolo 67 della Costituzione che garantisce la libertà dal vincolo di mandato ai parlamentari. Il progetto è piuttosto di mettere in atto strategie dissuasive attraverso i regolamenti parlamentari per evitare la corsa ai gruppi misti, dove esistono benefit, autonomia e privilegi, tra i quali il non versare più il contributo al partito in cui si è stati eletti. Il fenomeno è di un'entità preoccupante. Nel 2020 i cambi di casacca, nonostante la pandemia, sono stati complessivamente 57 su un totale di 147 dall'inizio della legislatura.
Andando a ritroso, i numeri si moltiplicano, segno che si tratta di un problema generale di classe dirigente: anche se recentemente colpisce soprattutto M5s, i sommovimenti riguardano il Pd (benché l'ultimo sia un rientro da Iv) e Forza Italia, ma si può dire che nessun partito ne sia rimasto immune.Parlano anche i comunicati. Tajani: «La riforma delle istituzioni italiane è da sempre il cuore di Forza Italia». Il Pd non è da meno: «Questa è una stagione di tregua per la ricostruzione dopo la pandemia».
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