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Riforme, Renzi minaccia: "Dopo di me, la Troika". Ma è il Pd a scoppiargli in mano

Alta tensione nel partito. Il sottosegretario: "Noi vogliamo continuare, se vogliono il voto lo dicano". D'Alema sbotta: "Non minacci"

Riforme, Renzi minaccia: "Dopo di me, la Troika". Ma è il Pd a scoppiargli in mano

"Dopo di me, c'è solo la Troika". La minaccia di Matteo Renzi si schianta contro il Pd stesso. È la minoranza dem ad agitare gli animi e far scricchiolare il governo. Adesso sì che le elezioni anticipate sono più vicine. L'iter parlamentare delle riforme è, infatti, andato a schiantarsi contro il muro dei ribelli piddini. Ieri, in commissione Affari costituzionali alla Camera, il governo è andato sotto sui due emendamenti che eliminano i cinque senatori a vita. Portano entrambi la firma del fuoco amico dei dissidenti dem e del Sel di Nichi Vendola. "Se la minoranza del Pd vuole andare a votare lo dica - ha sbottato oggi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio - noi vogliamo continuare e arrivare fino al 2018".

"Gli incidenti parlamentari possono anche capitare, ma quello che è successo ieri non esiste". Delrio non è disposto a concedere troppo spazio al dialogo. La misura è colma. E Renzi vuole chiudere al più presto il capitolo delle riforme strutturali per far vedere all'Unione europea che sta facendo i compiti a casa. "C'è un accordo - ha ricordato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - il governo è impegnato ad andare avanti con il programma, basta segnali di vecchia politica". Il dato politico resta. E i nodi pure. Nodi che, sottolinea una fonte della minoranza Dem, derivano anche dall'atteggiamento del governo incapace di ascoltare i dubbi degli esponenti della sinistra piddì. Alla fine si è voluti arrivare al voto, e i ribelli hanno dare un segnale sul fatto che, su certi punti "non centrali" della riforma, il confronto non può essere eluso. Insomma, dopo giorni di sospensione, il clima sembra surriscaldarsi in vista del rush finale. E se la minoranza non abdica, il governo non ammette certo rallentamenti. "Nessun timore, il dato politico è in Aula", ha sottolineato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi laddove il premier ha rincarato scagliandosi contro "giochetti parlamentari" e ribadendo: "Avanti, c’è un Paese da cambiare".

Le rassicurazioni di facciata del duo Renzi-Boschi non reggono la notte. L'assalto è iniziato. Enzo Lattucca, intervistato da Agorà, ha ricordato al premier che quello di ieri è stato solo un segnale. "Le riforme vanno trattate coi guanti - ha detto - bisogna fare attenzione ai dettagli...". Lo stesso tono di minaccia è stato usato da Rosi Bindi. Nel frattempo all'Italicum sono stati appioppati altri otto emendamenti della minoranza piddì. E altri otto arriveranno nelle prossime ore. Tutte trappole nell'accidentato percorso delle riforme. Tanto da far sbottare Delrio: "Se vogliono le elezioni anticipate...". Il clima è tesissimo. E a metterci il carico da novanta è Massimo D'Alema: "È stupefacente che una persona ragionevole come Delrio, nel giorno in cui escono i dati della produzione industriale con l’ennesimo segno meno a conferma della gravità della crisi del nostro paese, non trovi di meglio che minacciare i parlamentari".

"A parte il fatto che non è nel potere delle minoranze - ha commentato Vannino Chiti - faccio notare che fino ad ora sono stati esponenti che si dichiarano di assoluta fede renziana ad invocare il voto". D'altra parte, ieri sera, è stato proprio Roberto Giachetti a raccogliere ira dell’intera ala renziana.

Che senza mezzi termini ha chiesto "elezioni subito".

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